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Urbi et Orbi

IL FIGLIOL PRODIGO

PAOLO CREMONESI - 18/03/2016

???????????????????????????????Nella domenica del Vangelo del figliol prodigo compio il mio (breve) pellegrinaggio giubilare in San Pietro. Questa volta gli organizzatori hanno previsto ben quattro percorsi:  passano tutti per le tre Chiese giubilari, scelte dal Pontificio Consiglio per la  Nuova Evangelizzazione. Sono: San Salvatore in Lauro, Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova) e San Giovanni Battista dei Fiorentini. Lì è possibile confessarsi (i Missionari della misericordia) e pregare. Poi i pellegrini confluiscono verso la Porta Santa.

Fa freddo in questa strana primavera romana. Nuvoloni gonfi d’acqua (manco fossimo nel film Suburra) minacciano di scaricare ettolitri di quell’acqua tanto implorata nelle scorse settimane. Parto da Castel Sant’Angelo: il colpo d’occhio verso San Pietro è lineare. Per l’anno santo della Misericordia è stato costruito un lungo percorso pedonale, magari non molto felice da un punto di vista architettonico, ma sicuramente funzionale. Si snoda lungo tutta la via della Conciliazione, attraversa piazza Pio XII e arriva ai varchi elettronici. Per l’occasione i metal detector abitualmente a destra della piazza sono stati spostati anche al centro.  Tutto il cammino quindi è un lungo rettilineo verso la Basilica. E mi immagino che là in fondo, dal balcone di San Pietro il Padre mi veda (“mentre era ancora lontano”  Luca 15,17) come nella parabola odierna.

Castel Sant’Angelo, mausoleo, prigione, dimora papale ci ricorda la straordinaria metamorfosi di tanti edifici romani. Dalla lugubre e possente fortezza  parte il “passetto”, corridoio fortificato ricavato dallo spessore delle vecchie mura che si snoda parallelo a via della Conciliazione: grazie a quell’uscita di sicurezza Clemente VII scampò al terribile sacco di Roma del 1527 rifugiandosi nel castello.

Percorso un terzo di via della Conciliazione c’è sulla destra la chiesa della Traspontina. Pur essendo bella la sua fama è ovviamente oscurata dall’ormai prossima San Pietro. Eppure al suo interno vi si respira una singolare aria di armonia e raccoglimento. Vi sono custoditi una Madonna del Carmine e uno scapolare di Giovanni Paolo II:  il 16 Luglio vengono portati in una affollata processione per le vie di Borgo.

Siamo arrivati ai varchi elettronici. Non c’è molta gente forse a causa del temporale imminente. I Volontari della misericordia che aiutano famiglie, anziani e disabili chiacchierano volentieri con i pellegrini. Attraversiamo piazza San Pietro sotto le prime gocce e in un baleno siamo alla porta Santa: una genuflessione e si apre lo splendore degli ori e dei marmi della basilica. Sulla destra c’è  subito la Pietà di Michelangelo. Poco avanti la tomba, sempre affollata, di Papa Wojtyla. Pregando e guardando arriviamo all’altare del Bernini: sulla destra è allestita l’ala per le confessioni. Un gentile impiegato vaticano organizza gli ingressi, smista per lingue, invita al raccoglimento il tracimante popolo degli smartphone.

In uno dei confessionali di color marrone mi attende il Padre. Nonostante i tradimenti, le debolezze, le distrazioni mi mette i calzari ai piedi, l’anello al dito, uccide il vitello grasso. Si fa festa. All’uscita è tutto un parlare di dialetti del Sud, idiomi dal giapponese al tedesco. I gruppi vociano scomposti sotto la fitta pioggia. Compro al volo un ombrello da un cingalese. E tornando a casa, ancora una volta rinato, a domandarmi: “Che ho fatto io per meritarmi tutto questo?”.

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