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Parole

DATECI UNA VICESINDACA

MARGHERITA GIROMINI - 18/03/2016

Delrio, allora sindaco di Reggio Emilia, con due sindache della Calabria

Delrio, allora sindaco di Reggio Emilia, con due sindache della Calabria

Stavolta Varese non riuscirà a eleggere una propria sindaca. Ma auguriamoci che la nostra  città possa esprimere almeno una vicesindaca. Che non lesini un ruolo, o più ruoli, in seno alla prossima Giunta, a qualche donna che potrà diventare  assessora.

Poco fa ho litigato con il correttore ortografico della lingua italiana, che si comporta in modo sessista:  insisteva a sottolinearmi come errore il termine “vicesindaca” mentre mi dà,  sempre, come corretto, il termine vicesindaco. Per abituarlo a riconoscere le nuove parole della lingua italiana, e a lavorare correttamente tra le mie mani, sono ricorsa alla funzione “aggiungi”. Adesso il correttore si è adeguato alle mie richieste.

Ricorderete che in Parlamento qualcuno schernì  LA presidente della Camera Laura Boldrini perché pretendeva di essere chiamata LA e non “il” presidente della Camera? Con tutti i problemi che abbiamo, aveva protestato un deputato, stiamo a occuparci di queste quisquilie? Intanto ricordiamo al deputato della Repubblica che, con lo stipendio che gli viene riconosciuto mensilmente, possiamo pretendere che si informi, che studi, che modifichi eventuali comportamenti arretrati sul piano culturale, che si metta al passo con i tempi. Riconosca che una società in evoluzione comporta modifiche profonde anche nella lingua, strumento vivo del pensiero.

Avanti allora con la sindaca, la vicesindaca, l’assessora, la chirurga, la fisica, la consulente, la ministra, l’ingegnera, l’avvocata. Suona male? Non importa.  Nemmeno a me piacciono improbabili neologismi che sono costretta ad accettare, lo impone la Crusca a cui credo quasi ciecamente. Come potrebbe piacermi  “microondabile”, per ora in attesa di essere approvato ufficialmente?  Proverò qualche resistenza a  usare i già recepiti  “svapare” e “nomofobia”. Ho imparato che dipende da tutti noi che la usiamo, se una parola potrà entrare a pieno titolo nel dizionario della lingua italiana.

Impegniamoci a  promuovere al femminile i nomi usati prevalentemente al maschile. Sarà un gioco linguistico adatto anche ai bambini della primaria. Spieghiamo loro che se certi nomi vengono usati  solo al maschile è perché fino ad oggi la funzione espressa da quel  termine è stata ritenuta esclusiva dell’uomo.  Con la consapevolezza  che prima o poi una donna la eserciterà, quella funzione.  Forse, mentre scrivo queste righe, potrebbe essere successo che un’intraprendente donna, giovane o meno giovane, se ne sia già appropriata.

Insistiamo. Ci  sono l’infermiere e l’infermiera, l’operaio e l’operaia, il maestro e la maestra, il commesso e la commessa. Il rettore, ovviamente al maschile. Meno ovvio che si usi il termine rettora, ma garantisco che di donne rettore ce ne sono già. Purtroppo, nei pochi casi esistenti, la donna rettore preferisce farsi chiamare “Il” rettore. Rettora è brutto? Pazienza! Quando l’avremo sentita pronunciare mille volte, non ci sembrerà né bella né brutta, ma solo un nome femminile che esprime una funzione. Sarà una  brutta parola quando la funzione verrà esercitata male: un cattivo rettore, una cattiva rettora, un cattivo chirurgo, una cattiva chirurga. Speriamo di no, in nessuno dei due casi. Ci aspettiamo sia una brava chirurga sia un bravo chirurgo.

Se pazientiamo, con il tempo le novità ci diventeranno familiari e le cacofonie si dissolveranno con l’uso quotidiano.

Comunque, a Varese avremo un sindaco e non una sindaca. Questo per il prossimo quinquennio.

Ma una vicesindaca facciamo ancora in tempo a pretenderla. La prima volta, e anche l’ultima, è stata durante la sindacatura del leghista Fumagalli, con Anna Maria Bottelli.

Ora è tempo di riprendere il filo del percorso politico al femminile;  è tempo di vedere tante liste, civiche o di partito, affollate di presenze femminili, con candidate in pole position per l’elezione e per l’affidamento di incarichi di governo.

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