Finalmente ha fatto un primo passo la legge sulle “unioni civili” ossia sui matrimoni tra persone dello stesso sesso. Che momenti di grave alienazione ci hanno obbligato a vivere quelli che vegetano nel Senato presumendo di governarci!
Per i cattolici credenti, quelli che hanno approvato non sono matrimoni ma semplici contratti civili per cui certi atteggiamenti, certe affermazioni di parecchi che si proclamano cattolici, ho faticato e fatico a capirli. Per i veri credenti, il matrimonio è tutta un’altra cosa: è un Sacramento e come tale portatore della Grazia che lo sublima ad un livello molto diverso del semplice contratto, di cui in definitiva si scrive nella legge. Formalmente anche il matrimonio religioso ha la sfaccettatura civile, ma nella sua celebrazione questa è solo un corollario, assolutamente marginale a tutto.
L’evento matrimoniale religioso è una grande preghiera di ringraziamento a Colui che ha fondato la vita, a colui che ha fatto sì che i due celebranti, i due veri protagonisti, si incontrassero, che si unissero, che avessero le prerogative di donare nuova vita. I due si amano, attirati reciprocamente in un movimento dell’esistenza che annulla la propria in favore di quella dell’altro amante. Io non conto più per me, ma sei tu che vali assolutamente tutto per me, e questo reciproco donarci esalta e fa ritrovare le nostre vite in un’unica sola, un dualismo avvinto in un unico solo essere. La felicità mia si realizza se vedo, se sento, se voglio, se cerco di realizzare la tua felicità nell’amore unico mio e tuo, quindi nostro.
Qui, davanti a questo altare, davanti a tutti si dichiara il nostro grande reciproco amore, la nostra unità, il nostro proposito di essere unici in questo fatto vitale che naturalmente farà fiorire nuova vita. E tutto questo per rispondere alla vocazione di realizzare il “mistero” della vita, che non significa l’ignoto, lo sconosciuto, l’imponderabile che sfugge al nostro raziocinio, ma il grande progetto della vita. Unione non solo di corpi, ma unione di sentimenti, di pensieri, di progetti, di ideali che non possono che essere coerenti, univoci. In parole povere: pensare allo stesso modo. La meta deve essere la stessa altrimenti non è un’unione.
Questo nostro decidere, di stare assieme, fa sì che ci si stacca dai genitori che ci hanno donato l’esserci. In questo giorno di grande felicità per noi, loro hanno una profonda sofferenza perché sentono che il loro amore per noi evolve in una forma nuova, diversa. Loro non hanno più noi: tornano soli loro due, che si avviano all’esaurimento del loro essere che dovranno volutamente alimentare in nuova varietà di donazione di vita. Noi due celebriamo il nostro amore, loro due invece proseguono il loro amore, la loro promessa in un modo diverso, ma sia noi che loro, essendoci di mezzo rapporti d’amore, ci riflettiamo gli uni sugli altri perchè la vita è sempre reciprocità.
Questo aspetto, diciamo sociale, nella celebrazione del matrimonio del credente cattolico c’è anche se non viene sottolineato mai a sufficienza. Non c’è legge che lo sottolinea mai (spaventosamente rozzi gli articoli che l’ufficiale civile legge ed incompleti) e talvolta nei pensieri che ci si scambia in quel giorno non lo si afferma. I celebranti ufficiali, i protagonisti sono i due sposi, ma il sacramento si allarga su tutta la famiglia, oserei dire su tutta la comunità ed infatti il giorno del matrimonio tutti i parenti ed amici si riuniscono. Poi ci sono elementi degenerativi, abitudini, costumi vari che nulla hanno a che fare nei confronti di quell’intimo sacro evento.
Considerazione amara: sono stato presente a certi matrimoni celebrati in chiesa che erano profondamente non matrimoni (sarebbe stato meglio celebrarli in una discoteca) mentre certi matrimoni celebrati in rito civile nella così detta “sala matrimoni” (graziosa “bomboniera”) del nostro comune erano infinitamente e profondamente religiosi, molto di più di quelli celebrati davanti ad un prete. Nel matrimonio molto importante la personalità dei due!
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