La poetessa premio Nobel polacca Wislawa Szymborska ha scritto che “alla nascita di un bimbo il mondo non è mai pronto”. E’ proprio così. Non so se la nascita di Gesù trova preparato il nostro cuore, le nostre case, le nostre coscienze, le nostre famiglie, le nostre comunità religiose.
Non saremo mai ben preparati ad accogliere degnamente la perfezione infinita di Dio. Non potremo mai eguagliare la grandezza del suo amore e la bellezza della sua bontà. C’è una distanza incommensurabile tra l’amore di Dio e il nostro amore, tra il perdono di Dio e il nostro.
Ma se la poetessa polacca riflette l’esperienza umana, quando scrive “devo molto a chi non amo”, il messaggio del Vangelo riflette l’esperienza divina, che, invece, ci fa confessare: dobbiamo molto a chi ci ama, perché “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito” (Gv 3, 16), e “nessuno ha un amore più grande di dare la vita per gli amici” (Gv 15, 13).
Dio è più grande del cuore dell’uomo; ma è amico degli uomini. Nella sua comunione ogni uomo diventa più uomo. Gesù è “Luce delle genti”, perché dà ad ognuno che Lo cerca con cuore sincero il senso della vita e della morte, della salute e della malattia, delle lacrime e del sorriso.
I religiosi che seguono Gesù sono particolarmente chiamati a riflettere questa luce nelle vicende della vita. Bisogna portare alto il cero della novità cristiana, delle scelte evangeliche, della testimonianza dell’oltre.
Oggi più che mai, abbiamo bisogno di educarci a comprendere la vita stessa come vocazione e come dono di Dio, così da poter discernere e orientare la chiamata di ciascuno al proprio stato di vita. La testimonianza dei consacrati, attraverso la sequela radicale di Cristo, è una risorsa fondamentale per scoprire che vivere è essere voluti e amati da Dio in Cristo istante per istante. La sequela di Cristo, casto, povero e obbediente, costituisce di per sé una testimonianza della capacità del Vangelo di umanizzare la vita attraverso un percorso di conformazione a Cristo.
Ci si educa alla vita buona del Vangelo coinvolgendosi con Cristo, lasciandosi attrarre dalla sua persona, seguendo la sua presenza attraverso l’ascolto orante della Sacra Scrittura, la celebrazione dei sacramenti e la vita fraterna nella comunità ecclesiale. È la vita fraterna, tratto caratterizzante la consacrazione, a mostrarci l’antidoto all’individualismo della nostra società, che è spesso la resistenza più forte a ogni proposta educativa.
Anche i consigli evangelici, vissuti da Gesù e proposti ai discepoli, possiedono un profondo valore educativo per tutto il popolo di Dio e per la stessa società civile. Come ha detto S. Giovanni Paolo II, essi rappresentano una sfida profetica e sono una vera e propria “terapia spirituale” per il nostro tempo. L’uomo, che ha un bisogno insopprimibile di essere amato e di amare, trova nella testimonianza gioiosa della castità un riferimento sicuro per imparare ad ordinare gli affetti alla verità dell’amore, liberandosi dall’idolatria dell’istinto; nella povertà evangelica, si educa a riconoscere in Dio la nostra vera ricchezza, che ci libera dal materialismo avido di possesso e ci fa imparare la solidarietà con chi è nel bisogno; nell’obbedienza, la libertà viene educata a riconoscere che il proprio autentico sviluppo sta solo nell’uscire da se stessi, nella ricerca costante della verità e della volontà di Dio, che è una volontà amica, benevola, che vuole la nostra realizzazione.
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