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Attualità

RIFONDARE L’EUROPA

EDOARDO ZIN - 11/03/2016

Adenauer, Schuman e De Gasperi (1952)

Adenauer, Schuman e De Gasperi (1952)

“Mi piace questa idea della ri-fondazione dell’Europa: magari si potesse fare! Ho pensato ai grandi Padri, eh… Ma oggi, dove c’è uno Schuman, un Adenauer, questi grandi che nel dopoguerra fondarono l’Unione Europea? Perchè l’Europa non direi che è “unica”, ma ha una forza, una cultura, una storia che non si possono sprecare e dobbiamo fare di tutto perchè l’Unione Europea abbia la forza e anche l’ispirazione di farci andare avanti”. Così’ papa Francesco nell’ormai usuale colloquio con i giornalisti durante il viaggio di ritorno dal Messico, rispondendo all’inviato di un’agenzia cattolica tedesca.

In un momento fatale per l’Europa e tragico per le guerre che insanguinano le popolazioni del medio-oriente, forzate a trovare soccorso nel vecchio continente, papa Francesco richiama i motivi ispiratori che sono alla base della costruzione europea.

E’ papa Francesco a ricordarci che l’Unione Europea deve portare oggi a compimento il suo lungo e tentennante processo di unificazione politica, che deve rigenerarsi abbeverandosi alle fonti dei suoi valori culturali, spirituali, storici. Questa metamorfosi non è impellente solo a causa del fenomeno migratorio, ma è richiesto dalla crisi economica e dai processi di globalizzazione.

Il trattato di Schengen praticamente non è più in vigore; la libera circolazione dei prodotti puo’ ancora permettere di far beneficiare tutti gli europei del frutto del potenziale economico, ma le conquiste degli ultimi decenni non appaiono più né scontate né irreversibili.

Le tendenze disgregatrici che si osservano in Gran Bretagna (e che paradossalmente vengono gratificate dagli altri stati che concedono al Regno Unito uno statuto speciale che gli permette di sottrarsi a trattati antecedentemente sottoscritti, creando così una disparità di trattamento, che non è accettabile in un’unione dove vige il principio dell’uguaglianza!), la mancanza di volontà politica per assicurare un’accoglienza dignitosa ai profughi (che ha indotto paesi dell’est – fino a poco tempo fa essi stessi vittime dell’avversione sovietica e soggetti di protezione da parte dei popoli liberi – a innalzare barriere di filo spinato o a innalzare muri!), il becero odio per gli stranieri che ha spinto i Paesi Bassi a confiscare i “beni” (ma quali, se non quelli della dignità e dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani?) dei richiedenti asilo, le relazioni fra gli stati che sono divenute fragili, egoistiche, fondate quasi esclusivamente su rapporti di tipo economicistico (non è forse un caso che l’unica istituzione europea veramente “federalista” è la Banca Centrale Europea!), gli interessi dei singoli stati che prevalgono sul bene comune europeo (non è una coincidenza che le alleanze si fanno e si disfano intorno a interessi economici particolari?) evidenziano che l’Europa non è più una comunità politica formata da cittadini che condividono non solo uno spazio geografico, talvolta una lingua veicolare, in cui vivono diversità di culture, fondate su un unitario progetto politico. Essa non ha più una comune prospettiva del futuro mirante a assicurare il benessere economico e la prosperità materiale dei suoi abitanti. Ha sì un sistema di regole vincolanti che però spesso portano alla distruzione dei sacrifici degli europei, a un livellamento problematico e disincantato che può uccidere lo spirito di solidarietà, di sopranazionalità, l’idea stessa di verità e di libertà chiamate a convivere nella storia.

Turbano l’animo dei convinti europeisti il silenzio e gli atti di omissione delle istituzioni europee, così diligenti a misurare i parametri economici dei vari stati e a sanzionarli in caso di violazione delle loro direttive, nei riguardi di quei paesi che oltraggiano la carte dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che all’ articolo 18 prevede il diritto d’asilo e all’articolo 19 la protezione in caso di allontanamento, d’espulsione e di estradizione.

Accanto a questi paesi smemorati e biasimevoli splende – occorre ammetterlo – l’impegno davvero encomiabile della cancelliera tedesca che, dopo un primo momento di esitazione, ha deciso di accogliere una notevole quantità di profughi nel suo paese, anche a costo di rischiare la sua leadership attaccata dai suoi stessi alleati di governo. E accanto a lei, rappresentante di un paese economicamente forte, è doveroso mettere in risalto l’abnegazione e la pietà del popolo greco che, seppur umiliato, non esita a prodigarsi per salvare vite umane ed accoglierle in nome dei valori della comune civiltà occidentale che è nata proprio in quel paese.

Il governo italiano ha presentato agli altri paesi un documento in cui espone il suo pensiero per ri-fondare l’Europa. Non pensiamo che esso avrà molto seguito perché esso si limita a correggere i numerosi equivoci nell’interpretare i trattati, a rendere ancora più flessibili le norme che regolano i rapporti tra P.I.L. e deficit pubblico, a suggerire indicazioni per rendere più snelle le procedure. Manca nel documento italiano la parte “valoriale” che, viceversa, è sempre molto presente, sotto forma di slogan, nei discorsi pubblici del nostro giovane presidente del consiglio italiano.

Per ri-fondare l’Europa occorrono idee comunicate da leader credibili. Questi ultimi ci sono in tutti paesi, ma sono deprezzati dai politici nazionali che preferiscono avvalersi di figure scialbe e insipienti per non adombrare la loro miope politica che si regge sul “federalismo degli esecutivi”.

Richiamarsi a Schuman e a Adenauer (e noi aggiungiamo a De Gasperi) significa proprio il contrario: garantire la pace, consolidare democrazie fragili, far circolare liberamente persone, cose, informazioni economiche, culturali, turistiche. E tutti assieme.

I governi nazionali hanno generalmente lo scopo di promuovere una comprensione delle proprie posizioni, mentre mancano i progressi compiuti nella comprensione reciproca tra i popoli. In Europa si stanno risvegliando i vecchi dèmoni dei pregiudizi sedimentatisi nella storia.

Papa Francesco ci richiama alla coscienza dell’Europa, al suo umanesimo,alla sua cultura, alla consapevolezza che mai le responsabilità degli uomini di buona volontà sono state così tremende.

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