Annunciata come evento miracoloso, ha mosso i primi passi la riforma regionale della sanità per la quale molto si è adoperato Fabio Rizzi, varesotto, medico anestesista prima che politico di punta del Carroccio e attualmente cliente della giustizia milanese, che è sicuramente attendibile in linea di massima e che tuttavia nelle sue campagne qualche errore, e non da poco, non se lo è risparmiato.
Dal momento che in precedenza i PM di Milano avevano blindato un altro big della sanità, l’azzurro Mantovani, penso che le giovani generazioni bosine possano avere un po’ di pazienza con noi vecchietti quando rimpiangiamo i tempi in cui gli ospedali di casa nostra, in primis lo Psichiatrico, erano vera avanguardia europea per cultura medica e strutture o per organizzazione e servizi alla popolazione.
C’era un corpus sanitario che non doveva chiedere di sopravvivere, ma veniva premiato e spronato anche da imprenditori che gareggiavano in donazioni agli ospedali dove gli ammalati sapevano di trovare accoglienza e cure non regolate da codici aziendali da padroni delle ferriere, quali sono oggi i nostri politici.
Lo sono, almeno per Varese, quando a tavolino stabiliscono di saperne di più e meglio di tutti e di conseguenza a volte legiferano contro gli interessi, in questo caso la salute, degli amministrati e contro la storia e la tradizione delle comunità. Una storia scritta da molti e che ha visto esemplare collaborazione anche da parte dei cittadini. Come ha fatto la famiglia Cattaneo Babini.
Il 15 aprile, salvo imprevisti, verrà intitolata a Ferdinanda Cattaneo Babini la hall del nuovo monoblocchino, altra colata all’interno di un’area cittadina supercementificata, a conferma di una ignoranza urbanistica che perdura in ambito sanitario e civico e che ha conosciuto il trionfo con l’erezione del monoblocco nuovo all’interno dell’ospedale invece di trasferire in periferia tutte le strutture, in previsione anche di ulteriori sviluppi.
E’ una notizia, quella della intitolazione, che non deve illudere perché a monte dell’iniziativa potrebbe esserci solo un isolato sussulto di chi si è ricordato di avere chiuso il padiglione di geriatria regalato da Achille Cattaneo, il papà di Ferdinanda, alla città agli inizi degli Anni 60. La dedica avrebbe poi una maggiore importanza se fosse il primo passo di un doveroso recupero nei confronti di una famiglia che appunto ha dato moltissimo alla città.
Ai Cattaneo Babini si deve infatti un’altra donazione miliardaria, quella di Villa Mylius e del suo stupendo parco, donazione fatta al Comune. La villa accoglierà l’Accademia del Gusto di Gualtiero Marchesi come ha confermato di recente Palazzo Estense.
Pochi varesini però sanno di Ferdinanda Cattaneo, della sua enorme, silenziosa azione caritativa svolta per tutta la vita: una dedizione, la sua, di stampo francescano a tutti coloro che soffrivano, che non avevano mezzi per superare scogli della vita affiorati improvvisamente. I poveri di Gesù.
Nonno Cattaneo snobbato per una donazione preveggente: sessant’anni fa erano pochi infatti coloro che pensavano alle problematiche della terza età e di un mondo che sarebbe stato dei vecchi, quello odierno.
Ecco proprio oggi i nipoti Achille e Roberto Babini Cattaneo che a loro volta fanno una donazione strepitosa alla città: una villa di 64 locali e decine di migliaia di metri quadrati di parco. ll tutto pur avendo preso atto della cura che c’è stata per il padiglione di geriatria dell’ospedale di Circolo.
Palazzo Estense credo li abbia già premiati i due fratelli con i tradizionali riconoscimenti riservati ai cittadini benemeriti. Prossimamente sarà la volta di Ferdinanda Cattaneo a essere ricordata, ma non c’è stata sino a oggi una grande iniziativa che potesse sottolineare la portata della presenza di questa famiglia nella nostra comunità.
Una presenza destinata nel tempo quasi a svanire perché poco o nulla di concreto c’è per riproporla come nobile esempio alle future generazioni. La villa negli anni susciterà curiosità per la scuola di gastronomia o per il suo nome, Mylius. Ci saranno forse dei manzoniani Abbondio che si porranno domande su Carneadi varesini e niente di più. Del resto oggi non si sa quanti siano i cittadini in grado di raccontarci di Silvestro Sanvito, indicato come benefattore, al quale è stata dedicata una delle arterie più importanti della città.
Non faccio proposte e tanto meno polemiche, la mia è solo la segnalazione di un caso della vita varesina, di una situazione un tantino anomala e sottolineo pure la necessità, forse, di indicare al momento della donazione la destinazione precisa del bene che si lascia alla collettività. Ma proprio il gigantesco sgarbo fatto dai professori della sanità lombarda ad Achille Cattaneo sta a dimostrare che la società civile può attraversare periodi di autentica rozzezza, di grande confusione e distrazione davanti a grandi valori. Un periodo in cui la cultura degli egoismi prevale. Forse è il momento di non affidarsi a intermediari, ma di aiutare direttamente e in silenzio i meno fortunati, gli ultimi. Come ha fatto per tutta la vita la signora Ferdinanda, ancora oggi nel ricordo e nelle preghiere di coloro che ebbero il suo silenzioso aiuto.
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