Parole per l’8marzo: “Un uomo, una donna”. Non sto parlando del bel film del francese Claude Lelouch, che tanti anni fa si aggiudicò l’Oscar come miglior film. Penso invece alle liste per le prossime elezioni comunali della nostra città e al ritmo che verrà impresso all’elenco da alcune formazioni politiche: – un uomo una donna- ecco come rispettare le quote rose. Però, adesso che si può anche attestarsi al 60% per gli uomini e al 40% per le donne, è possibile costruire liste che pro-pongano la sequenza: un uomo una donna – un uomo un uomo – per poi riprendere con “un uomo una donna” e via percentualizzando purché si resti all’interno delle proporzioni a cui si è accennato.
Chissà se Varese ce la farà a rimediare al brutto spettacolo di un Consiglio Comunale dove siede una sola donna, Luisa Oprandi, già candidata Sindaco del centrosinistra.
Altrimenti saremo autorizzati, anzi autorizzate, a dedurre che la nostra città non dispone di donne abbastanza brave da meritarsi un posto in tale consesso. Per concludere che destra, sinistra o centro hanno sì qualcosa in comune, ma con la c minuscola: uno scarso apprezzamento per le donne in politica. Urge una dimostrazione contraria da parte dei politici varesini, quasi tutti uomini. Stiamo aspettando.
Però per aiutare l’altra metà del cielo richiamo alcune delle ragioni che di solito vengono addotte per giustificare situazioni così mortificanti : le donne non hanno tempo da dedicare alla politica, non sono convincenti come i colleghi maschi, gli elettori stabiliscono che è meglio per la categoria femminile continuare a svolgere le tante attività finora attribuite loro. Inoltre le donne non vengono neppure votate dalle altre donne. E non potrebbe darsi che loro stesse non si considerino all’altezza del difficile compito di gestire la cosa pubblica?
E poi, ammettiamolo, Varese è un caso estremo. Ma a livello nazionale non siamo messi benissi-mo, se è vero che il grosso della scena continua a essere monopolizzato dagli uomini. Secondo un recente sondaggio di Openpolis per Repubblica.it, dal Quirinale alle Province, passando per Mini-steri, Parlamento, Regioni, Giunte e Consigli Comunali, il 79,27% degli incarichi istituzionali in Italia oggi è ancora in mano agli uomini. Le donne costituiscono il 19,73% sul totale dei ruoli politici elettivi o di nomina. L’incidenza percentuale minore in assoluto è riscontrabile nei consigli regionali, dove è ‘rosa’ solo il 13,71% dei posti occupati.
Altro che pari opportunità in politica! E questo mentre negli Stati Uniti la corsa alla Casa Bianca la sta facendo una donna.
Per Varese mi accontenterei di vedere affissa ai muri della città qualche buona candidatura fem-minile all’interno della sequenza “uomo – donna”. Buona nel senso di “utile”, di “fattibile” di “eleggibile”. Mi accontenterei di sapere che, in assenza di una candidata sindaco, i partiti e le coalizioni si impegneranno davvero a sostenere le candidature femminili per garantire alla componente femmi-nile un adeguato numero di posti nel consiglio. Chiunque possieda un minimo di pratica politica sa che si viene eletti quando esiste l’appoggio del proprio gruppo.
Si avvicina l’8 marzo. Allora facciamo una ipotesi: che potrebbe anche avere consistenza… cosa succederebbe se a Varese si presentassero molte, tante donne che si candidano, così numerose da superare gli uomini già pronti a infilarsi nelle liste? Sarebbero donne almeno metà degli assessori: E le donne, ne sono certa, non accetterebbero di essere assegnate, per consuetudine, ai servizi sociali e alla scuola e nemmeno alle pari opportunità. Per principio, non per cattiva volontà. Sceglierebbero i Lavori Pubblici, l’Urbanistica, la Polizia Locale, il Commercio. Se vuoi che sia fatto, diceva un tale, fai! L’8 marzo è vicino.
Si invadano tutti gli spazi possibili. Ci si provi almeno: presentandosi sulla linea di partenza prima del via. Recriminare, dopo, ha poco senso. Perché sognare non basta, anzi, è inutile.
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