La mia professione di medico mi fa entrare in rapporto con tante persone, con le quali l’incontro, anche se limitato nel tempo, lascia una traccia, più o meno profonda, in loro ed in me. Così mi è recentemente capitato di visitare una paziente che aveva già oltrepassato il ragguardevole traguardo dei 100 anni.
Alla fine della visita la signora ha mostrato un accenno di pianto, di fronte al quale la sua badante ha cercato di rincuorarla, dicendole che non c’erano motivi per essere tristi. Ma la paziente ha risposto che non stava piangendo per la tristezza, ma di commozione per come era stata trattata.
Così quando, alcuni giorni dopo, sono tornato a trovarla per consegnare il referto della visita, mi sono fermato con lei, per alcuni minuti, durante i quali mi ha illustrato con passione i quadri appesi alle pareti della sua casa, da lei dipinti durante la sua lunga vita. Ho lasciato quella casa lieto per l’occasione che il Signore mi aveva dato di entrare in rapporto con un cuore, vecchio sì, ma ancora palpitante.
Qualche giorno dopo mi sono confessato da un sacerdote poeta, anche lui non più giovane, che avendo saputo che ero un dottore, mi ha declamato, prima della assoluzione, una delle sue ultime poesie, nelle quali si parla in modo scherzoso del rapporto tra un anziano paziente ed il suo medico, che giustifica con l’età biologica del suo assistito il proprio disimpegno e che fa dire all’anziano paziente: “Me car dotor lassém a sta, ghe pensi mi a tirà a campa”. Segue poesia presa dal sito “santamariarossa“
Alla soglia degli 84! (sorridendo… !) A som ‘rivà a quel’età Che quand te vet in del dotor A cuntà su i magagn e i to dolor S’el te domanda quanti ann t’è fà ‘Pena t’el diset el scorlis la testa Poeu ‘l te guarda e, con aria mesta: “Cosa vorì, car el me scior, L’è giust assè de tirà ‘l fià Quand s’è ‘rivà a la vostra età!” Alora ghe rispondi, in confidenza, Che di dotor podi ormai fà senza: Pussè de vun de quei che m’han ‘vu in cura In andà lor prima de mi a la sepoltura. Inscì, magari zopin zopeta, Me tiri ‘dré la mia careta. Me car dotor: lassem a stà Ghe pensi mi a tirà a campà. Don Arnaldo
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