(C) Chi ne fruisce, poi ne perisce, vedi Napoli e poi… Milan. Non vedo come possiate lamentarvi delle deviazioni, voi juventini. Accontentatevi di aver tenuto viva la fiammella della speranza, per il ritorno a Monaco.
(O) C’è sempre un ritorno, una ripresa possibile, una rinascita. L’eterno ritorno dei filosofi presocratici mi ha sempre affascinato. Non dimenticare che anche un’ipotesi cosmologica, quella dell’universo ‘pulsante’, sostiene un’idea simile.
(C) ‘Pulsante’ nel senso di ‘interruttore’?
(O) Ma và. È l’ipotesi che la massa dell’universo sia tanto grande da far prevalere la forza di gravità su quella di espansione originata dal big bang, così da farla ricadere tutta indietro nell’atomo primordiale, da cui si originerà un nuovo big bang e così via all’infinito, come un’immane pulsazione.
(C) E ti pare una bella prospettiva? Ritornare qui tra trenta miliardi di anni a rifare le stesse cose, gli stessi errori, vincere o perdere le stesse partite? Non lo trovo divertente.
(S) A noi Juventini andrebbe sempre meglio che a voi due messi insieme. Vero, direttore? Sono sicuro che la pensa come me.
(C) Ma nella vita vera il pareggio, di cui martedì hai pure gioito, non esiste. Per raggiungere la meta, occorre rischiare una strada, impegnare la libertà nel tempo, attraverso le circostanze contingenti, persino casuali. Noi siamo soggetti liberi e responsabili, non passivi esecutori di fatti preordinati. Il determinismo mi ripugna più dell’insensatezza del caso. Devo ammettere che si è realizzato un caso davvero improbabile perché avvenisse una tale concatenazione sia di eventi, sia di libere scelte, da far esistere questo universo, da miliardi di anni e in questo istante noi tre che stiamo discutendo, e tra un paio di giorni questo articolo su RMFonline. Tuttavia è l’unico pensiero che mi consente di allontanare la responsabilità del male e di ogni dolore dal Dio creatore e anche da quello immanente, vogliate chiamarlo Natura o Chicchessia. Perciò, a costo di scandalizzarvi, vi dirò che nel giorno della scomparsa di Umberto Eco, l’agnostico, il denigratore del Medioevo cristiano, il dissacratore, gli riconosco il merito di aver cercato vie alternative al determinismo materialista..
(O) Era un deviazionista. Lo leggevo e lo studiavo quando all’università il pensiero dominante era quello marxista, con la sua pretesa di necessità e di infallibilità. Ma mi arenavo di fronte al suo pessimismo di fondo. Anche per lui, come per Kafka, non c’è la strada e questo lo ha fatto dubitare dell’esistenza della meta. È diventato il paladino di quella che nel mondo contemporaneo, dopo il rifiuto del marxismo, è diventata la cultura dominante: la libertà senza scopo, la libertà DI, di fare o di non fare, non la libertà PER. Questo, per me, è un gravissimo errore, con pesanti ripercussioni sulla vita civile e politica.
(C) Se alludi ai ‘nuovi diritti’, mi spingi ad un chiarimento non facile. È ovvio che in democrazia diventa legge quello che decide la maggioranza dei rappresentanti dei cittadini, fatta salva la possibilità di referendum. È altrettanto vero che senza varianti (preferisco abbandonare il termine ‘deviazione’, che potrebbe essere frainteso come offensivo) la società ristagnerebbe nel conformismo. Tuttavia è un dovere irrinunciabile di un’assemblea legislativa pensare in termini di bene comune permanente, rinunciando ad inseguire certe mutevoli inclinazioni dell’opinione pubblica. La legge segna anche una direzione, favorisce certi comportamenti al posto di altri, non si limita a dichiararne la legittimità o meno. Per questo motivo ho trovato incongruo l’impegno del governo e in particolare del presidente del consiglio a sostenere il progetto di legge Cirinnà, come se non fosse materia di coscienza.
(S) Sapete che aborrisco i pasticci, le soluzioni opportunistiche e mi dispiacerà vedere tanti senatori e deputati cattolici che approveranno la legge Cirinnà, sia pure depurata da questa famosa adozione del figlio del partner omosessuale, costretti a questa scelta da un voto di fiducia. Ammesso che si verifichi quello che in questo momento ci consta.
(C) Anch’io, già l’avevo scritto la settimana scorsa, avrei preferito tanti bei voti palesi, a costo di rischiare di perdere. Non per un accanito moralismo, ma per la convinzione che quel che manca all’intera cultura contemporanea sia una vera nozione di coscienza, che non si riduce a ‘quel che penso io’, pur in buona fede e senza la costrizione di un potere esterno. Rifarsi alla coscienza significa affermare un principio di valore al di là del principio democratico della volontà della maggioranza e delle stesse fonti della legalità costituita. Questa coscienza non si nasconde nel segreto dell’urna o nell’obbligo del voto di fiducia, non può non manifestarsi, pena lo smarrimento del significato. Ma evidentemente a Renzi preme soltanto vincere (come dargli torto?) e ad Alfano devono aver spiegato che, se non si può nemmeno pareggiare, in certi sport si fanno punti per la classifica anche perdendo ‘bene’, segnando una meta o vincendo un set. Così, invece di un confronto di libere coscienze in un Parlamento trasparente, vedremo il meschino risultato di un accordo opportunistico, incatenato al voto di fiducia. Sinceramente, mi piacerebbe avere altri maestri di pensiero. Senza scomodare Gesù Cristo, mi basterebbe Antigone.
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