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Cara Varese

VERSO LA CITTÀ NUOVA

PIERFAUSTO VEDANI - 26/02/2016

???????????????????????????????Di recente ho avuto occasione di ricordare il parere dell’ingegner Michele Graglia su presente e futuro del più celebre sito della nostra città, elevato a patrimonio della collettività umana per i suoi pregi storici, artistici e ambientali: Santa Maria del Monte.

Graglia appartiene a una delle più belle categorie di varesini, quella del fare, dell’impegno con costante attenzione al sociale, ai meno fortunati, e con un profondo rispetto per i valori della cultura. Non sto a ricordare i dettagli del suo intervento sulle problematiche d’antica data della montagna sacra, è sufficiente riprendere l’invito fatto a tutti i varesini di buona volontà: farsi promotori di un progetto unico, che tenga in considerazione tutto quanto da lungo tempo non si è potuto realizzare e valorizzare gli obiettivi già raggiunti o rivitalizzati dai personaggi e dalle associazioni che hanno dato e danno molto a Santa Maria del Monte.

Riflettendo sul come accostarsi a questo obiettivo, davvero rivoluzionario rispetto al passato, ho pensato a uno strumento particolare che potrebbe portare all’univocità di indirizzo dell’azione di definiva rivitalizzazione del nostro simbolo di storia e cultura. Uno strumento che sia in grado di ridisegnare in proiezione futura la nuova Varese: un Piano Regolatore aggiornato che offra concrete possibilità e tempi di intervento in grado di risvegliare comunità e territorio.

A mettere mano con impegno e razionalità a un PRG da rinfrescare fu Pietro Macchione essendo sindaco un signore della Lega come Raimondo Fassa. Fu un PRG difensivo, teso a evitare grandi speculazioni e con una caratteristica culturale innovativa: castellanze, quartieri e rioni, a Varese tutti con alle spalle una piccola o grande vicenda, avrebbero dovuto valorizzare, facendone un riferimento urbanistico, gli elementi storici e culturali che li caratterizzano ancora oggi.

Gli architetti sono i più indicati a valutare in quale misura Varese in quasi trent’anni sia eventualmente progredita sotto il profilo urbanistico e se oggi sia il momento di mettere mano a un progetto per una città nuova, ma credo che si possa anzi si debba raccogliere l’invito di Michele Graglia a uno studio approfondito delle esigenze attuali e future anche del solo Sacro Monte.

L’occasione arriva dal rinnovo del Consiglio comunale, e relativo insediamento di un sindaco nuovo che avrà peraltro se non la camicia verde, come Fontana certamente al verde avrà le tasche comunali. Già, siamo una bella città in fatto di tributi vari versati allo Stato, ma con la sfortuna aggiuntiva di avere a volte in Regione dei deputatini abbastanza lontani dai nostri problemi. Le prime schermaglie elettorali ci dicono che i candidati a sindaco forse faranno un giro in bici per le vie della città; già faticoso per i dislivelli che i pedalatori incontreranno anche in spazi non vasti, il giro non comprenderà la scalata di Santa Maria del Monte.

Eppure ne varrebbe la pena, anzi sarebbe un grande segnale di attenzione al sito cittadino più importante e più dimenticato, da tutti. Per la salita possiamo agevolare i candidati con una bici elettrica. Infatti con la cosiddetta pedalata assistita, scalare la montagna, dove fece tappa anche un Giro d’Italia, non richiederebbe sforzi. E bei freschi e pimpanti i candidati potrebbero pensare a un patto, ma non uno di quelli dei ballisti romani. Un patto per ridare lo splendore e funzione di una cometa al luogo più amato dai varesini.

Aldilà del Sacro Monte da rilanciare, obiettivo davvero strepitoso, il tema dell’urbanistica richiederà applicazione e attenzione perché l’economia in crisi e la società in ebollizione potrebbero suggerire soluzioni urbanistiche di rara pericolosità ambientale. E comunque la città nuova andrebbe pensata in un ambito territoriale più vasto e funzionale, considerata non come padrona ma come partecipe di un equilibrato sviluppo di una rete, razionale e ben servita, dei centri di un ampio territorio.

Qualcuno si ricorderà della Bologna dei grandi sindaci, applaudito modello comunista di amministrazione civica. Era davvero perfetta, solo che per farla diventare una star vennero sacrificati Comuni della cintura, in qualche misura utilizzati come depositi, magari pure lussuosi, delle “scorie” della Dotta delle meraviglie.

Alla quale arrivavano, passando tra i denti serrati e labbra aperte al sorriso, sibilanti “cancheri” dei sindaci “piccoli” a volte invitati a cerimonie che davano lustro alla “capitale” e al partito.

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