Sono ombre che si perdono nelle sale-giochi o annaspano con i “gratta e vinci” in tabaccheria, oppure internauti che si sono fatti abbindolare dai poker on line. Almeno un milione di italiani soffre in modo sempre più grave di ludopatia, ovvero spende in giochi – di solito dilapidando le sue sostanze – buona parte del proprio reddito.
Tra di loro ben 3 ragazzi italiani su 5 dai 13 ai 18 anni che hanno dichiarato di “provarci spesso” eppure – per legge – non dovrebbero neppure giocare.
Pensionati che si mangiano la pensione, casalinghe alla ricerca del colpo di fortuna che non arriva mai, famiglie sfasciate e tanta miseria, sottobosco di furti e di usura, disperazioni profonde che costano poi ai servizi sociali cifre imponenti, ma soprattutto che distruggono le persone.
Eppure è proprio lo Stato a batter cassa e anzi incentiva questo disastro che riesce solo ad arricchire società spesso border line e che – in modo più o meno corretto – gestiscono l’affare.
Durante i periodi di crisi aumenta il numero di quanti si affidano alla sorte e fra il 2000 e il 2014, in un paese dove il PIL è diminuito in termini reali del 7,5%, il fatturato del gioco d’azzardo è cresciuto del 350 (trecentocinquanta) per cento, salendo almeno a 84 miliardi e mezzo, ovvero al 5 per cento del nostro prodotto nazionale, eppure – incredibile – l’introito netto dello stato per giochi e lotterie è salito ben poco.
Forse perché la Guardia di Finanza e la Polizia postale hanno già censito centinaia di siti internet abusivi oscurandoli, ma che rispuntano come funghi, alcuni dei quali addirittura presentandosi con marchi ministeriali farlocchi. Così come i falsi “gratta e vinci” con i quali si ha non solo la matematica probabilità di perdere – come in tutti – ma addirittura la totale certezza.
Abbiamo una slot machine ogni 140 residenti, neonati compresi, con una diffusione pressoché doppia rispetto al resto dell’Unione Europea e con lo stato che guadagna relativamente poco anche perché ha affidato il business a un mare di società “concessionarie” molte delle quali hanno sede a Cipro, Malta o Gibilterra, oppure hanno il capitale schermato da altre società fiduciarie. Sono una lobby influente e che conta, nonostante che Renzi (dopo molte polemiche) abbia annunciato – in quattro anni – una riduzione delle slot dopo che in prima battuta la legge finanziaria 2016 prevedeva che i 15.000 punti-gioco italiani sarebbero saliti a 22.000.
Peccato che nessuno sappia effettivamente quante siano le macchinette attive e quelle giacenti in magazzino e quindi addio a numeri certi.
Volendo veramente combattere il fenomeno bisognerebbe semplicemente vietarlo (come era fino a qualche anno orsono) o ammetterlo solo in alcuni e specifici casinò autorizzati e controllati, come peraltro avviene in quasi tutti i paesi del mondo.
Ma più di ogni aspetto economico conta quello umano e l’amarezza che cresce è per una società profondamente in crisi dove si spera nel colpo di fortuna privilegiandolo all’impegno di ogni giorno. “Vinci facile”: slogan per scorciatoie effimere che distruggono e non fanno vincere, mai.
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