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Ambiente

CLIMA: PUNTO DI NON RITORNO

LIVIO GHIRINGHELLI - 12/02/2016

desertoDal 30 novembre all’11 dicembre dello scorso anno si è svolta a Parigi la Conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici, ventunesimo vertice in materia e probabile punto di non ritorno, onde l’esigenza coi trend attuali di un accordo globale vincolante (si pensa a un aumento della temperatura della terra di 3,7 – 4,8 gradi, ben oltre la soglia di due gradi già temibile). È un discorso che si è trascinato nelle assemblee ecumeniche di Basilea (1989), Graz (1997), Sibiu (2007) e si riferisce a una crisi che è al contempo ambientale ed etica. Si assiste al contrasto tra la ricchezza del Nord del mondo con la sua rapina di risorse fossili e l’inquinamento, l’impoverimento dei paesi poveri, lo sfruttamento del petrolio in Nigeria, del coltan in Congo.

Nel 2004 ad Accra si è avuta la Confessione di fede dell’Alleanza riformata mondiale. Ogni comunità deve sentirsi responsabile del cambiamento climatico e ogni individuo deve essere parte della soluzione. In Italia la Focsiv ha organizzato da Roma ad Aosta una marcia (30 settembre – 2 novembre) con l’adesione della Federazione delle Chiese evangeliche. Il discorso vale altresì per il pellegrinaggio ecumenico da Flensburg in Germania a Parigi.

Le realtà risultano interconnesse grazie ai social media. Ci si impone il monito a ripensare la teologia cristiana della creazione e della redenzione, facendosi capofila della sostenibilità ambientale. Nella prospettiva ad es. una società decarbonizzata. L’Enciclica recente ravvisa un incontro divino-umano nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta.

Dal 10 all’11 settembre si è svolto l’incontro del meeting internazionale organizzato da Giustizia e Pace. Non meno rilevanti sono stati gli incontri tenuti nel quadro dell’Expo. Il 1° settembre c’è stata la sottoscrizione congiunta della Carta di Milano da parte dei rappresentanti delle religioni presenti nella città. Da non trascurare altresì la Dichiarazione islamica sul clima. In vista di Parigi è stato proposto in ottobre un testo delle confessioni cristiane, ebraismo, islam e induismo. Le Chiese evangeliche italiane hanno proclamato per un mese intero la pratica spirituale della lode per il creato.

Soluzioni pratiche si sono trovate nella riduzione dell’uso dei detersivi chimici, negli orti biologici, nei pannelli fotovoltaici, nel riciclo e depurazione delle acque. In termini ecumenici l’Enciclica include un omaggio a Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli, erede della tradizione che risale al Patriarca Demetrio (1989).

La presa di coscienza delle Chiese cristiane a salvaguardia dell’ambiente è corale, anche se non riveste ancora un aspetto centrale in termini di formazione teologica. Va sviluppato il tema della creazione come concetto dinamico, facendovi intervenire il ruolo esercitato dallo Spirito Santo, comprendendo inoltre l’interconnessione che c’è tra sostenibilità ambientale e giustizia sociale. Va spezzata la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo.

Riflettendo sulla situazione del nostro Paese ecco, come conseguenze dell’incuria, il pesante degrado del territorio, rafforzato dal riscaldamento, col 70% del terreno a rischio, l’alterazione al Nord dei regimi idrogeologici, mentre si assiste al Sud a una vera e propria tendenza alla desertificazione in alcune aree e alle devastazioni alluvionali. Frequenti ed estesi sono gli eventi meteorologici estremi. Nel mondo (2012) 32,4 milioni di persone sono state costrette a migrare a causa dei disastri naturali (in Africa si è trattato di 8,2 milioni di “sfrattati”). Senza contare che è a rischio la stessa tenuta della democrazia. Un clima vivibile è componente imprescindibile del bene comune. L’origine antropica del mutamento drammatico è ormai stata ampiamente dimostrata.

Da qui l’imperativo di una riduzione del 60% dell’inquinamento globale entro il 2050, con un monitoraggio continuativo. Si deve porre il problema di un’educazione alla cittadinanza ambientale. E si potrebbe aggiungere l’imperativo di rimodulare trasporti e infrastrutture, di riorientare agricoltura e industria, di contenere lo spreco alimentare, delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica (ecoefficienza). E così via.

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