(O) Perché non ti decidi ad affrontare l’argomento unioni civili e adozione del figlio del partner?
(C) Aspettiamo che si depositi il polverone politico, vedremo meglio e ci potremo esprimere con maggiore chiarezza. Anche sulla questione delle primarie a Milano e a Varese ho preferito attendere un momento più libero da passioni ed interessi. Confido che i miei paradossi non siano così scambiati per forzature strumentali.
(S) Suvvia, ben mi ricordo che nel pieno della bufera della tangentopoli varesina, voi democristiani avete fatto ricorso, forse per primi in Italia, a una specie di primarie.
(C) Le differenze sono sostanziali. La principale è che la legge elettorale era diversa: non c’era l’elezione diretta del sindaco e quelle nostre primarie servirono ad indicare solo la metà dei candidati a consigliere. Fu un modo per riavvicinare un elettorato molto più che deluso, scioccato. Ma il capolista, quello che sarebbe stato il candidato sindaco in caso di vittoria, fu scelto dal partito, era il rettore dell’Università Statale, il professor Mantegazza, che non avrebbe certo avuto bisogno dell’investitura popolare.
(S) Invece le primarie del PD a Varese e Milano hanno dato indicazioni cogenti che smentiscono le pretese del partito e lo obbligano a tener maggior conto delle attese dei cittadini. Non parliamo delle primarie americane, che addirittura costruiscono il candidato.
(C) È proprio questo che non mi convince. Non sono disposto ad accettare che il candidato che più impressiona quella piccola parte di opinione pubblica che vota per le primarie sia anche il più adatto a governare un grande Paese o una piccola città. Bisognerebbe far conoscere i programmi, mostrarne la sostenibilità, predisporre i collaboratori necessari, fare, insomma, quello che si fa normalmente per avviare una nuova impresa. Qui succede tutto il contrario, si prendono persone dalla società civile, che a questo metodo di lavoro dovrebbero essere avvezzi, e li si butta invece su un ring dove si combattono a colpi di parole e di lusinghe, spesso dividendo il loro stesso retroterra di partito o di coalizione.
(S) Ma questo non è il difetto delle primarie, ma della legge elettorale maggioritaria e ‘presidenzialista’, che indirizza ogni sforzo verso la personalità, proprio per lasciare in secondo piano i vituperati partiti. Le primarie sono funzionali a questo. Aiutano ad individuare il tipo di candidato che può meglio riuscire a sfondare il pregiudizio negativo della gente, quel ‘sono sempre gli stessi, non cambierà mai niente che tiene lontani dalle urne quasi metà degli italiani. Non vorrai tornare ai ‘signori delle tessere’, al sottogoverno, alle raccomandazioni, a parentopoli e a tutti i mezzucci di controllo del potere locale che anni fa ti angustiavano e che tanto disprezzavi… negli altri.
(O) Questa volta sono quasi d’accordo con Sebastiano. In fondo il successo elettorale dei 5 Stelle nasce proprio dal rifiuto dell’intermediazione partitica e dall’aspettativa che l’eletto non faccia parte di una casta, ma si limiti ad applicare quello che decidono i suoi elettori, poco importa se la rete ha sostituito l’agorà greca. Abbiamo bisogno di meno deleghe e di più democrazia diretta.
(C) Governare con giustizia è facilissimo, ce lo ha spiegato anche l’ultima fiction, basta fare il contrario di quello che faceva chi c’era prima! Forse questo basta per vincere le elezioni, per avere un certo seguito, ma …
(O) Ma se le primarie americane ci portassero ad una competizione Trump-Sanders potresti aver ragione, ma solo in questo caso. Non è probabile che entrambi i partiti radicalizzino le proprie posizioni; si sa che negli Stati Uniti vince chi conquista il centro, ma questo è un obbiettivo impossibile per Trump e difficile per Sanders.
(C) Le elezioni americane sono un sistema troppo diverso dal nostro e troppo cristallizzato da meccanismi diversi e particolarissimi, per poter essere paragonato al nostro; per esempio è una lunghissima corsa a tappe, che permette aggiustamenti di tiro e modifiche in corsa; da noi si decide in un giorno, chi vince vince. Non c’è modo di valutare davvero la specifica capacità politica, oltre che la competenza tecnico-amministrativa. Rimpiango la saggezza del cursus honorum; proprio quello degli antichi romani, il non potersi candidare alle più alte cariche dello Stato, se prima non si era stati eletti a quelle minori ed aver dato prova di onestà e capacità.
(S) Sogni, stavolta anche più di Onirio. Ti figuri nell’immaginazione un’aristocrazia che proprio non esiste più, se mai è esistita, non dico nella prima repubblica, ma dai tempi di Catone il Censore in qua. Ti trastulli con i ricordi di quando eri liceale. Conta solo e sempre di più l’immagine che riesci a dare, la sensazione di positività che trasmetti alla gente comune, soprattutto alla più disattenta. Sembri dimenticare che viviamo in un’epoca di mezzi di comunicazione di massa, sterminati come numero, invadenti e persuasivi. Perciò l’essenziale è solo vincere, al resto ci penseremo poi.
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