La devozione popolare ha fatto di Roma la città di Pietro, suo primo vescovo, patrono e papa. La tradizione fissa nel 67 l’anno della morte del santo, al 29 di giugno, che ancora oggi è la più importante ricorrenza religiosa della capitale. Nel 1939 presero il via gli scavi promossi da Pio XII che nel 1950 portarono alla luce la lastra incisa con la scritta “Petr(os)eni”, cioè “Pietro è qui”, ma l’urna era vuota.
Solo nel 1965 l’archeologa Margherita Guarducci troverà i resti dell’apostolo in una cassetta conservata nelle grotte, ossa umane, brandelli di porpora, terriccio e monete medievali e dopo accurate analisi la studiosa, coadiuvata da altri specialisti, concluderà trattarsi delle autentiche reliquie di Pietro, tolte dalla tomba per sottrarle alle infiltrazioni d’acqua.
Celebri libri raccontano la storia dei papi di Santa Romana Chiesa, dall’edizione cattolica di Ludwig Von Pastor pubblicata tra il 1886 e il 1923, primo frutto dell’apertura dell’archivio segreto vaticano voluta da papa Leone XIII, alla versione protestante di Leopold Von Ranke, per non parlare della “Storia della città di Roma nel Medioevo” di Ferdinand Gregorovius, anch’egli luterano; e naturalmente numerose altre opere nel corso dei secoli, ma nessuna forse è stata mai scritta con l’accattivante taglio giornalistico moderno, avvincente e documentatissimo della “Storia del Vaticano, dalle origini ai giorni nostri” (487 pagine, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 14 euro) di Paolo Scandaletti, giornalista di lungo corso e dai mille interessi.
Ex presidente dell’unione della stampa cattolica, scrittore (al suo attivo una trentina di volumi), docente universitario e alla fine degli anni sessanta consulente della presidenza del Consiglio dei ministri per la legge sull’editoria, Scandaletti è un uomo di fede ma, prima di tutto, un cronista abituato a dire pane al pane; e scrive a proposito degli accadimenti dei nostri giorni: “Già Paolo VI Montini avvertiva l’urgenza di riformare la Curia se nel suo discorso del 21 settembre 1963 raccomandava che essa non fosse una burocrazia pretenziosa e apatica, solo canonista e ritualista, una palestra di nascoste ambizioni e di sordi antagonismi, ma una vera comunità di fede e di carità”.
“Da allora – prosegue – non deve essere cambiato molto se fra i primi atti di papa Francesco è la nomina di un collegio di nove cardinali incaricati della sua riforma… Tra ciò che allontana o disamora i fedeli dalla pratica religiosa c’è anche la qualità delle omelie, eccessivamente lunghe, sciatte, teoriche e certi “tariffari” per le Messe e i Sacramenti. Ad esempio, in una parrocchia pistoiese sono richiesti 190 euro per il matrimonio (260 se riparatore), novanta per un battesimo (ai gemelli lo sconto del trenta per cento), cento per la Cresima. Quanto alle prediche… perfino il papa ad Assisi se n’è lamentato: “Basta con queste omelie interminabili, noiose, nelle quali non si capisce niente”.
La storia del Vaticano – spiega l’autore nella prefazione – racconta la vita dell’istituzione religiosa più complessa e longeva dell’umanità, le cui radici affondano nell’antichità remota e fra i popoli del vicino e medio oriente con personaggi come Abramo e Mosè, Cristo e gli apostoli in Palestina, Pietro e Paolo che avviano la Chiesa nella grande Roma, per giungere fino a papa Bergoglio. È una storia che coincide con quella dei papi, dai primi martiri e perseguitati, seguiti – grazie a Costantino – da quanti la consolidano come Gregorio Magno ma si trovano alle prese con i barbari e la trasferta bizantina.
Primitivi scenari anticipano le odierne ondate di migranti in arrivo dal mare e la più lenta e meno traumatica immigrazione dai paesi dell’est. I papi tengono testa a Franchi e Longobardi, salvano nei monasteri il patrimonio culturale della civiltà greco-romana, affrontano l’ondata islamica impegnandosi e talvolta impelagandosi nelle Crociate ma sono capaci di aprirsi al vento fresco degli ordini mendicanti. Papi che si lasciano risucchiare nei vortici del potere temporale e di quello mondano, con le bassezze dei Borgia o di altri altisonanti blasoni d’Italia. Tanto da provocare il sonoro schiaffo di Lutero e la salutare rigenerazione del concilio di Trento, promossa e anticipata dalle spinte delle base.
In dodici capitoli snelli e scorrevoli, Scandaletti riassume duemila anni di storia: “La Bibbia racconta l’antichità. Insieme ai reperti archeologici, la scrittura costituisce il crinale fra la preistoria e la storia: papiri e pergamene, tavolette di argilla, le iscrizioni sui templi e le tombe ci raccontano con sufficiente certezza le vicende della Mezzaluna fertile intorno al Tigri e l’Eufrate. Dal tremila avanti Cristo popoli nomadi, provenienti dalle steppe russe e siberiane come dal deserto arabico e dall’Etiopia, cominciarono a insediarsi stabilmente qui, coltivando la terra lungo i grandi fiumi e in seguito sulle rive del Mediterraneo.
Sono cosmologie arcaiche, storie che hanno ispirato tanti artisti lungo i secoli, con illuminazioni e interrogativi inquietanti. Agli splendori del Rinascimento italiano i pontefici hanno dato la basilica di San Pietro con la cupola di Michelangelo, il colonnato del Bernini, la Cappella Sistina, le Stanze di Raffaello e i Musei vaticani prima attrattiva del turismo colto del mondo; ma anche la piaga del nepotismo e i papi guerrieri, i vescovi feudatari e principi col popolo di Dio emarginato, i processi dell’Inquisizione e il caso clamoroso di Galileo.
L’Unità d’Italia sloggia infine il Papa dal Quirinale, liberandolo dal potere temporale. Mussolini con il Concordato del 1929 dà forma allo Stato vaticano, “minuscolo territorialmente – conclude Scandaletti – quanto libero di svolgere la missione per la quale la Chiesa è stata creata due millenni fa”.
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