“Pertanto, quando penso a tutti gli Stati oggi esistenti e mi sforzo di analizzarli obiettivamente, altro non riesco a vedere, che Dio mi aiuti, se non la cospirazione di un branco di ricconi che, a nome e con il pretesto della collettività, si fanno soltanto gli affari loro e si inventano ed escogitano tutti i modi e gli espedienti per riuscire in primo luogo a non correre il rischio di perdere quello che in modo disonesto hanno arraffato, e per riuscire, pagando il meno possibile, ad abusare del lavoro e delle fatiche dei poveri. Tutti questi espedienti, una volta che i ricchi abbiano deciso con un decreto pubblico, che devono essere rispettati, finiscono per diventare legge”.
Uno così, capace di chiare parole, doveva finire i suoi giorni nella Torre di Londra, poi decapitato e quindi santificato, quattrocento anni dopo. Nel frattempo, dal 1516, qualcosa a Londra ed altrove pare in meglio mutato, ma nella nostra Penisola molto è certamente peggiorato. Necessita toccare il fondo per esser sicuri di risalire, ma risulta difficile capire quanto il fondo sia in fondo. Siamo usciti da Tangentopoli e dalla Prima Repubblica e dopo vent’anni e più, quasi quasi, la si rimpiange, non tanto per il tasso di delinquenza quanto per il livello culturale degli attori. Insomma c’è modo e modo di rubare e i protagonisti della prima Repubblica pare a chi scrive avessero più professionalità e preparazione tecnica e strategica, un livello scolastico e culturale decisamente più elevato. Ecco, quello che indigna non è l’infrangere le regole che fa parte della tradizione morale e culturale e della convivenza incivile del popolo italiano, ormai proverbiale in tutto il globo, ma la mancanza di classe.
Craxi aveva carisma, immagine, elegante interloquire, ambizioni da uomo di Stato con visione globale; uno così non l’abbiamo più rivisto, per far confronti con quelli di oggi e dell’altro ieri (puttanieri, biscazzieri, ostentatori del dito medio, fanculisti, gladiatori nella fossa del congiuntivo, cultori del banale, devoti della rissa, capezzonisti, razzisti…). Insomma, si sbaglia come e più di prima, ma quello che innervosisce è la mancanza di forma, di classe, di modi, di cultura.
Finiamo sempre con l’andare a coltivare il nostro piccolo orto, Varese, dove tra poco tempo sarà l’ora di nominare un nuovo sindaco. Occorre percorrere nuove strade, anche da noi. Molti grafomani e qualche forzato dagli eventi ha già espresso preferenze, ripetendo slogan obsoleti. Siamo stufi tutti.
Qualcuno, più acuto, da posti di comando ha tracciato il profilo del suo candidato ideale mettendo in evidenza le necessarie doti di indipendenza di giudizio, libertà da vincoli di partito, professionalità.
Come non essere d’accordo.
Chi scrive aggiungerebbe l’ attenzione alla forma, alla classe, ai modi di porsi, alla bellezza, quella che ci salverà, con un occhio speciale alla parità di genere, troppo spesso trascurata.
Quale il profilo, in estrema sintesi?
“Riservatezza, massima discrezione, senza fretta, disponibilissima, fisico mozzafiato, giocherellona, abbondante decolleté, solo italiani”.
Dopo aver toccato il fondo, si potrebbe risalire.
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