Primarie del centrosinistra, una lezione faticosa di democrazia. Sì, faticosa ma una fatica che è valsa la pena vivere. Dalle Primarie è uscito un candidato voluto dalla base e non imposto dall’alto, da lobby e da interessi di una minoranza che si impone sopra tutti con prepotenza. Questi eventi – le primarie – possono essere inquinati da sotterfugi, da interessi in conflitto, da intenti disonesti, ma lo studio e l’applicazione di regole equilibrate può impedirlo o per lo meno attenuarlo.
La democrazia è una fatica che coinvolge tutti quelli che si rendono disponibili e vogliono viverla. È sempre stata un impegno che ha pagato talvolta duramente il suo vivere, il suo evolvere, il suo agire con errori, delusioni, insulti all’onestà, cinismi, corruzioni e molto altro. Ma tutto questo avviene perché la democrazia rispetta la libertà e richiede assoluta onestà e generosità d’impegni. Se penso che politicamente posso depredare la democrazia, farne ciò che voglio, e che per fare politica devo aggredirla traendo vantaggi per me, non sono democratico, è ovvio, e reco insulto ai politici del passato che per raggiungerla hanno sacrificato anche la vita.
Ma lasciamo ora questo argomento a margine e meditiamo invece sulle primarie varesine di una certa corrente politica, come evento politico democratico. Ci sono ovviamente stati lati più validi e lati meno belli, come avviene in tutti gli operati umani, che si sono esasperati con eccessi di gioia per i vincitori e di malumore per chi ha perso. Le primarie sono un evento che si svolge all’interno di una comunità di persone che stanno marciando in un’unica direzione, per cui nessuno vince, nessuno perde, ma esce un indirizzo del futuro operare politico in una direzione piuttosto che in un’altra.
Sì, c’erano dei candidati, ben quattro, con le loro persone e individualità, ma con alle spalle il lavoro di tanti che hanno studiato indirizzi di futuro lavoro per la collettività varesina, con sfaccettature variabili, ma tutte tese a dare una linea diversa da quella avuta dalla città negli anni passati. I candidati servono per poter poi affrontare, nella figura di quello che fuoriesce, l’iter tecnico di sviluppo dei progetti, che dovranno essere sintetizzati, valorizzati, realizzati da chi viene eletto. Nulla deve andar perso.
Come accennato, è invece l’eccessivo prevalere delle personalità dei candidati il vero pericolo delle primarie, specialmente in un’epoca dove il narcisismo dei politici è esasperato in modo esponenziale. Per troppi ciò che conta sono le loro persone e non i componenti della comunità cittadina o nazionale, a seconda del livello dove si opera. Chi conta sono “io” con le mie qualità, i miei disegni, i miei interessi. Importante e fa colpo il mio “blaterare”, la mia capacità di suscitare emotività. Se mi hanno votato vuol dire che mi considerano il loro “leader” quindi hanno le mie idee … È qui che cade il discorso, perché è la comunità di base che pensa che tu abbia le idee della comunità e non le tue, che tu imponi loro. Considerando poi certi discorsi fatti da parecchi politici odierni, viene il dubbio che loro siano certi che i componenti del collettivo che li ha votati non abbiano idee. I profeti sono solo loro. Le brillanti trovate sono solo loro a partorirle.
Invece nelle primarie varesine questo non è avvenuto C’è stato grande rispetto reciproco tra i protagonisti, attenti a non superare certi limiti di tolleranza. Va poi sottolineata la grande lezione di umiltà e disposizione verso ĺa base data da tutti i protagonisti ma specialmente da un candidato che, pur avendo alle spalle una carriera politica lunga e di successo, non ha esitato a mettersi al livello degli altri amici che si esponevano alla scelta dei votanti. E mi piace sottolineare il termine “scelta” e non “competizione”, due concetti completamente diversi nei loro contenuti.
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