Fin dagli inizi dell’umanità la famiglia e costituita da un padre, da una madre e dai figli, la legislazione delle diverse società ha inseguito regolato nell’istituzione del matrimonio le relazioni parentali. Non si può equiparare le unioni civili di due persone dello stesso sesso al matrimonio e la Corte Costituzionale ha già precisato nell’aprile 2010 che “I Costituenti tennero presente la nozione di matrimonio, che stabilisce (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso”.
In questi giorni è in discussione la proposta di legge Cirinnà e, come risulta dagli articoli di giornali e riviste, ci si è accorti che diversi paragrafi di questa proposta di legge finiscono per omologare le unioni civili al matrimonio e si teme che il Presidente della Repubblica non firmi la legge. Lo stesso capogruppo del Partito Democratico Luigi Zanda invita “a ridurre i rimandi agli articoli del codice civile sul matrimonio”(La Repubblica del 18 gennaio).
A quanto pare si vuole limare formalmente il testo per salvaguardarlo dalla incostituzionalità, ma non si parla di rimuovere l’articolo relativo alla stepchild adoption come se il costituire una famiglia omosessuale non riguardasse proprio l’istituzione matrimoniale, perché il figlio adottato dal partner sarebbe sempre relativo alla coppia omosessuale. Ci si dimentica semplicemente che il fine dell’unione coniugale è proprio il figlio, cioè si fa saltare la relazione matrimonio-famiglia, creando un famiglia anomala, perché quel figlio ha niente in comune con la coppia omosessuale che lo ospita, di fatto una famiglia artificiale, non una famiglia naturale. Non si può sganciare la famiglia dal matrimonio. Ammettere la stepchild adoption significa proprio equiparare le unioni civili al matrimonio.
Inoltre non bisogna dimenticare la ricaduta sociale di queste false famiglie, perché i figli di queste famiglie non solo si troverebbero in difficoltà all’interno dell’unione omosessuale, per la carenza della influenza maschile o femminile, ma anche a scuola nelle relazioni con gli altri bambini che hanno un papà o una mamma. Se passa questa legge bisognerebbe cancellare dall’universo sociale e dal linguaggio le parole di papà e mamma, cancellare i sentimenti più sacri dell’umanità, che non è un insieme di individui, ma organicamente un insieme di famiglie, perché ciascun individuo ha una padre e una madre da cui deriva nella evoluzione dell’umanità; per questo ogni individuo umano è una persona.
Inoltre a livello psicologico in una coppia omosessuale maschile verrebbe a mancare la tenerezza femminile, di cui anche il bambino ha bisogno e la bambina man mano che svilupperà la sua femminilità si sentirebbe a disagio; ma i promotori di questa legge credono ancora alla ideologia del gender, secondo la quale non esisterebbero in natura le differenze di genere maschile e femminile, come pretendono, contro l’evidenza, i movimenti dei gay, delle lesbiche e dei transessuali. Ma è la stessa scienza, sia come biologia che come sociologia, a smentire questa teoria.
Mi stupisce che la senatrice Monica Cirinnà, già esponente dei Verdi, ora passata al Partito Democratico, che ha dimostrato grande sensibilità per gli animali di cui difende strenuamente i diritti, tanto che ha fondato nel 1991 l’Associazione Romana Cura Animali, non comprenda che a livello umano i cuccioli hanno bisogno e diritto di avere la loro mamma e il loro papà e di convivere con loro, e non possono essere allevati come “animali domestici”. Non è un questione di politica, di destra o di sinistra, ma è una questione di cultura e di civiltà. Lo riconosce il senso comune.
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