Il mondo ha raggiunto traguardi importanti legati al cambiamento climatico nel 2015, l’anno più caldo mai registrato nella storia umana in cui abbiamo varcato la soglia simbolica di oltre 400 parti per milione di anidride carbonica nella nostra atmosfera. In particolare, a metà dicembre i Paesi del pianeta hanno inviato un segnale chiaro e veramente catalizzatore all’economia reale.
Con un chiaro obiettivo a lungo termine per raggiungere un picco di emissioni di gas serra vicini a zero ed un aumento della temperatura entro 1,5°C, i governi hanno adottato un percorso per disaccoppiare la nostra prosperità e lo sviluppo dall’uso dei combustibili fossili.
114 aziende si sono impegnate a fissare obiettivi di riduzione del carbonio fino al 100% di energie rinnovabili. Il prezzo di una tassa sul carbone sul gas e sul petrolio, come riconosciuto nel testo, è la chiave per liberare le migliaia di miliardi di dollari necessari per investimenti nelle infrastrutture energetiche. L’accordo dovrebbe portare i governi ad accettare una carbon tax e a bloccare la deforestazione per fermare il riscaldamento globale. Per contribuire al successo dell’accordo, dobbiamo rivolgerci ai principi fondamentali di misura, trasparenza e responsabilità.
Questo accordo può diventare una nuova stella polare. Il lavoro è appena iniziato, ma la transizione verso una fiorente economia pulita sembrerebbe inevitabile. Tutto bene allora? Non direi, dato che l’accordo, come l’Enciclica Laudato Sì, è scomparso dai radar dei media e l’opinione pubblica è indotta a pensare che la crisi non riguardi l’eccesso dei nostri consumi. Si rimane frustrati quando si constata che gli impegni reali (non quelli sulla carta) offerti dai Paesi per raggiungere gli obiettivi sono del tutto insufficienti e incoerenti e allora l’accordo sul tavolo assume un carattere tra il debole e il pericoloso, “lontano da un’agenda con cui salvare l’umanità”, come ha detto Hans Joachim Schellnhuber, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research, in Germania.
Della stessa opinione altri quattro scienziati, Johan Rockström direttore dello Stockholm Resilience Centre di Stoccolma; Steffen Kallbekken direttore del Center for International Climate and Environmental Research di Oslo; Kevin Anderson direttore del Tyndall Centre for Climate Change Research del Regno Unito; Joeri Rogelj del Per Per raggiungere effettivamente il risultato di mantenere sotto gli 1,5 gradi l’aumento delle temperature, l’economia mondiale deve essere completamente decarbonizzata nel 2050. Ma, con il prezzo del petrolio sotto i 30 dollari, tutti, a partire dal nostro Governo, sembrano far festa, dimentichi che arriveremo a spendere di più per riparare i danni del clima che non per prevenirli.
Forse c’è una coda di paglia in questa irresponsabilità: la parola decarbonizzazione è scomparsa dall’ultima bozza di accordo, ma nessuno ha voluto spiegare perché ed a opera di chi. Forse varrebbe la pena che anche alle prossime amministrative si parlasse di una biosfera che scombina per il suo comportamento anche quando a fine Gennaio si guarda da Milano il Resegone e da Varese il Monte Rosa senza una nuvola o uno spruzzo di neve recente.
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