Il 28 maggio del 1946, alla vigilia, cioè, delle elezioni del 2 giugno, il settimanale cattolico «Luce!» si rivolgeva ai suoi lettori con queste parole: «È imminente il giorno 2 Giugno che deve decidere per molti e molti anni le sorti della Patria. Lettori, prima di votare, entrate in Chiesa o raccoglietevi in preghiera in casa vostra dinanzi al Crocifisso, e dite a voi stessi: posso io votare per coloro che a parole protestano il più assoluto rispetto alla religione, mentre i loro capi non hanno mai sconfessato il loro Maestro Carlo Marx, negatore di Dio e d’ogni fede; anzi vogliono essere a lui fedelissimi? […] Socialcomunisti, azionisti e tutti gli altri vogliono lo stato laico, che vuol dire misconoscimento dell’autorità della Chiesa e allontanamento di Essa dalle pubbliche istituzioni, a cominciare dalla Scuola; vuol dire facoltà di stabilire leggi in contrasto cogli insegnamenti evangelici, quale per esempio quella del divorzio, ecc.».
Si era in altra epoca, come sappiamo. Anche la Chiesa avrebbe dovuto fare il suo lungo percorso verso la modernità, incontrando la democrazia (come ha spiegato bene Pietro Scoppola). Ma nel 1946, l’idea di una democrazia laica doveva fare molta paura. Il fascismo, del resto, con il primo articolo del Concordato, aveva riconosciuto la religione cattolica come religione di Stato. Ed ora? Cosa sarebbe accaduto?
Lo scontro tra laici e cattolici, già aspro e forte nel 1946, conobbe il suo momento apicale nel corso della battaglia politica per le elezioni del 18 aprile 1948. Fu in quella circostanza che anche la Chiesa scese direttamente in campo, con scelte e soluzioni propagandistiche moderne, «all’americana», secondo la felice espressione di Enzo Bettiza per quella campagna elettorale.
Al medico Luigi Gedda fu affidato il compito di organizzare i famosi Comitati civici, sfruttando la rete diffusa delle parrocchie: ne furono creati ventimila nel giro di poche settimane. Verso la fine di febbraio, il cardinale Ildefonso Schuster, l’arcivescovo di Milano, che una decina d’anni prima aveva benedetto i gagliardetti dei soldati che partivano per «portare la civiltà in Etiopia», nella sua lettera sinodale ribadiva la condanna del comunismo e suggeriva di votare per quei candidati o quella lista che davano «maggiori garanzie di esercitare il loro mandato nello spirito e secondo le direttive della Morale Cattolica».
Ma furono certamente due gli strumenti più seduttivi e moderni che la Chiesa lanciò nell’agone politico: la Peregrinatio Mariae ed il Microfono di Dio, padre Lombardi.
Il gesuita Riccardo Lombardi (1908-1979) aveva esordito come oratore a Roma il 31 maggio 1945. Nel corso delle sue conferenze, la teologia era piegata a propaganda politica. Esordì a Varese il 14 aprile con il ciclo di discorsi dal titolo Crociata della bontà. Restò in città sino al 20 aprile e per consentire alla popolazione di ascoltare la sua voce possente furono predisposte corse speciali dei tram, un sistema di altoparlanti che da piazza San Vittore arrivava sino all’attuale piazza Repubblica e collegamenti radiofonici in grado di raggiungere le province lombarde più lontane.
La Madonna pellegrina, invece, come fu popolarmente chiamata, attraversò la provincia di Varese dal 27 febbraio all’11 aprile. Era, questa, una manifestazione devozionale introdotta in Italia sull’esempio francese. Tre identiche immagini della Madonna avevano lasciato il Duomo di Milano il 18 maggio 1947 per percorrere, sino al 1950, tutta la penisola. Il transito dell’immagine sacra, accuratamente preparato in tutti gli aspetti scenografici e coreografici, scatenò una impressionante partecipazione di popolo e, grazie alla trama simbolica connessa alla figura di Maria (la maternità, l’umiltà, il dolore, la dolcezza), consentì alla Chiesa di entrare in rapporto diretto anche con gli ambienti dove più forte era il radicamento socialista o comunista. Per tre giorni, veglie notturne, messe di mezzanotte, visite degli studenti delle scuole e dei bambini degli asili, Via Crucis per le strade del centro, fiaccolate e cortei, accompagnarono la tappa varesina della Madonna.
Un cronista d’eccezione, Gianni Rodari, da poco passato all’edizione nazionale dell’«Unità», così sintetizzò la finalità di questa operazione: «A grandi linee, il programma d’azione del clero per questo periodo può essere riassunto in questi elementi: intensificazione delle “missioni”, moltiplicazione dei viaggi di quella che viene popolarescamente chiamata la “Madonna pellegrina”; pressioni di carattere terroristico. […] La devozione naturale delle donne per la Vergine viene sfruttata abilmente nei sermoni che accompagnano i pellegrinaggi, e che sono naturalmente intonati alla generale parola d’ordine anticomunista.»
Erano altri tempi, certo. Con il consolidamento della nostra democrazia, con la faticosa attuazione della nostra Costituzione, l’Italia era destinata a diventare lentamente, faticosamente, finalmente uno Stato laico. O, no?
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