Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

VARESE, DAL MEGLIO AL PEGGIO?

SERGIO REDAELLI - 29/01/2016

 

Varese, la città che cambia: ma cambia in meglio o in peggio? Questo è il problema. Una bella mostra fotografica negli scantinati dell’ex hotel Camponovo a Santa Maria del Monte propone in sessanta scatti un confronto diretto tra la Varese del passato e quella di oggi, tra la città dei grandi parchi che le fruttò il soprannome di Città Giardino e la Varese in cerca di nuova identità dopo l’esplosione demografica seguita allo sviluppo industriale del dopoguerra, dopo il boom dell’immigrazione, il progressivo svuotamento residenziale del centro storico, il “gonfiarsi” delle periferie e l’attuale necessità di sostituire il patrimonio edilizio e industriale dismesso.

Salviamo il salvabile, ragionava già dieci anni fa l’assessorato alla tutela ambientale del Comune di Varese alla vigilia della redazione del piano di governo del territorio; e il tema, attualissimo, viene ripreso al Camponovo dall’architetto Marco Roncaglioni, dirigente dell’Area 11: “In passato non abbiamo saputo convogliare caotiche scelte edificatorie private verso soluzioni vantaggiose per la collettività – ammette – e i danni delle trasformazioni ambientali a Varese si vedono. L’inquinamento del lago, i dissesti idrogeologici provocati dagli scarichi fognari, le costruzioni residenziali e produttive pianificate su cigli franosi, l’abbattimento degli alberi per costruire disomogenei condomini sono sotto gli occhi di tutti”.

Che fare allora? “Prima di tutto evitare di commettere gli errori del passato. Dopo decenni di urbanizzazioni e saccheggi del territorio, bisogna azzerare il consumo del suolo libero, eliminare gli interventi speculativi e sostituire il patrimonio edilizio vetusto, incongruo o dismesso senza sottrarre spazio al verde. Bisogna avere il coraggio di demolire gli edifici inservibili come l’area Aermacchi con capannoni abbandonati e quindicimila metri quadri di tetti in eternit da smaltire e ricostruirli con criteri di risparmio energetico, pannelli solari e sistemi eolici. È un pezzo di città che può essere recuperata”. Con quali criteri scegliere ciò che dev’essere salvato? Osservare i vincoli delle Soprintendenze può essere una buona risposta.

Tempo fa Ambrogio Vaghi scrisse su RMFonline: “Nulla di nuovo sotto il sole varesino. La città continua a essere posseduta dal complesso del Conte Ugolino: distrugge ciò che ha creato. Così è stato con l’abbandono dei vari edifici religiosi che avevano composto il tessuto urbano cittadino tra il cinquecento e il settecento. Così è stato per la distruzione della vecchia piazza Porcari, del teatro Sociale e per i resti del convento dei Frati minori passato poi ai Dandolo nel nascosto giardino di via Medaglie d’oro. Così sarà ormai per il castello di Belforte, ridotto a un rudere. È la tecnica dell’abbandono dei siti storici. Si trascurano per decenni e alla fine si cancellano. Tra l’indifferenza generale. Poche e flebili le voci di protesta”.

La mostra al Camponovo (aperta dal giovedì alla domenica dalle 10 alle 18 fino al 7 febbraio, gruppi e scuole possono prenotare scrivendo a camponovo.sacromonte@gmail.com) dimostra che la programmazione territoriale va fatta con intelligenza. Le fotografie d’epoca sono tratte da edizioni storiche degli editori Lativa e Macchione. Durante l’esposizione si raccolgono testimonianze dei cittadini e una selezione delle più interessanti confluirà in un libro curato da Carla Tocchetti e Mario Chiodetti che sarà presentato durante i festeggiamenti per il duecentesimo di Varese Città. Sabato 30 gennaio alle17.30 nella chiesa incompiuta del Camponovo, accanto alla mostra, si terrà una conferenza dello storico Enzo Laforgia, “Varese la città che cambia”.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login