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Chi cerca nel libro di Michel Houellebecq “Sottomissione”, un’invettiva contro l’Islam alla Fallaci è sulla falsa pista. Non è nemmeno un’analisi sull’islamizzazione in Europa alla Bat Ye’or, l’autrice di “Eurabia”.
Sottomissione (Soumission), uscito durante gli attacchi terroristici di Parigi (una pubblicità involontaria, di cui l’autore avrebbe forse fatto a meno) non è un testo “islamofobo”. E tuttavia è un libro “disturbante” che non si saprebbe come classificare. Distopico? Fantapolitico? Metafisico? È scritto in uno stile volutamente dimesso e disadorno, come dimesso e sciatto si presenta Houellebecq (capelli trascurati e pure senza denti), ma certamente funzionale alla distopia di una Francia nell’anno 2022.
Il Front National è da tempo il primo partito, assestandosi oltre il 30%, ma la sua ascesa al potere è fermata da sempre nuove “coalizioni repubblicane” che ricompattano destra Ump e sinistra socialista (ai minimi storici) nella sacra alleanza contro i “fascisti”. È il caso di dire che in questo senso Houellebecq è stato fin troppo facile profeta: basta osservare come sono andate le ultime elezioni regionali. È andata così nel 2017, che ha riconfermato un governo socialista ridotto a lumicino in una nazione sempre più di destra e gelosamente conservatrice. Questa la cornice storico-politica nel quale si muovono i personaggi.
I personaggi (in particolare il protagonista di 40 anni) sembrano uomini un po’ catatonici senza qualità particolari. Del resto nella sovraccoperta del libro è scritto “Ero un uomo di una normalità assoluta”. L’uomo assolutamente normale che tuttavia vive, suo malgrado, vicende ben poco normali è François un docente universitario di letteratura, studioso di Huysmans l’autore del celebre “A’ rebours” (“Controcorrente”, o “A ritroso” a seconda delle traduzioni), già libro di culto di Oscar Wilde.
Le lotte politiche e i movimenti di piazza hanno il sopravvento sulle persone che quando si incontrano è di questo che parlano, come fossero deprivate di un vero destino. È come se la politica (o meglio, la malapolitica) dell’Unione Europea avesse strappato la storia, il tempo e le giornate alla gente comune. I “media mainstream” in realtà hanno sostituito la letteratura, la pubblicità e i suoi slogan ha preso il posto della poesia, il microonde, della buona gastronomia, i supermercati delle botteghe artigiane e storiche, il pc o gli smartphone, hanno fatto a pezzi la vera comunicazione dal vivo. François non cucina mai: scalda a microonde cibi preconfezionati. Del resto non ha una famiglia alle spalle. Non vive storie sentimentali, ma sessuali. Sesso consumato tra un corso e l’altro e raccontato in modo esplicito e perfino sgradevole. Se non c’è quello reale, c’è quello virtuale su You Porn. O bazzica siti web di inserzione per rimorchiare escort.
Alla fine del corso universitario, la lei in oggetto, per una ragione o per l’altra sparisce. In questo scenario desolante e precario avvengono tumulti e scontri interetnici che se non si ha la chance di vedere dal vivo, non vengono mai ripresi dai media mainstream. Parigi non è sicura, come non sono sicure molte delle capitali europee. Abitare in un quartiere cinese, è considerato il massimo della sicurezza, perché lì in questa enclave, le altre etnie non si azzardano a penetrarvi. In tutta questa precarietà e insicurezza i personaggi come François e i suoi colleghi docenti, sembrano gli ultimi a rendersi conto di quanto avviene realmente.
Molti ebrei, tra i quali Myriam una delle studentesse amanti di François, hanno optato per l’Aliyah (il ritorno) in Israele. Il che suona strano al protagonista: lasciare un paese come la Francia nel timore di correre ipotetici pericoli, per emigrare in un paese dove i pericoli erano reali. Ma “Israele era in guerra sin dalla propria origine, e gli attentati e gli scontri sembravano inevitabili, e comunque non impedivano di godersi la vita”.
In mezzo a questo sfacelo, che ha il suo culmine fra lotte di movimenti identitari situati a destra del Front National, contro gruppi di immigrati, con sparatorie e morti (puntualmente censurate dai media), ecco affacciarsi gradualmente una nuova forza politica in qualche modo “pacificatrice” e perfino “unificante”.
È emerso sulla scena politica, il partito dei Fratelli musulmani, con a capo l’ambizioso Mohammed Ben Abbes, leader con la faccia da “simpatico droghiere tunisino”. Questa terza forza emergente fa da traino al “cupio dissolvi” della vecchia guardia socialista di Hollande, che si allea con lui insieme al centro di Bayrou, in posizione subordinata, pur di non favorire il Front di Marine Le Pen.
Ben Abbes ha studiato all’Ena (prestigiosa scuola per preparare la classe dirigente francese) e il suo progetto è simile a quello dell’imperatore romano Augusto. Non è un predicatore fanatico ma uomo colto, sempre pronto al dialogo, che prende le distanze dalle violenze e si rende protagonista di un progetto di governo “credibile”. Mostra di sapersi comportare come un vero statista.
Sotto la sua guida, la Francia riacquista serenità, crescita, aumento di Pil, vigore intellettuale e sociale. Piano piano, tutti gli stati arabi della sponda sud del Mediterraneo vengono ammessi nella Ue. Del resto esisteva già l’Union des Peuples Mediterranéens, proprio per pervenire a questo scopo. La sede della commissione europea viene simbolicamente spostata a Roma, quella del Parlamento ad Atene. La lingua francese diventa lingua veicolare per gli scambi commerciali, rinvigorita dai ritrovati buoni rapporti col mondo arabo e Parigi, la vera capitale d’Europa. Insomma, più che una colonizzazione vera e propria, si tratta di una trasferimento dei poteri.
Piovono ovviamente petrodollari dall’Arabia Saudita e da altre petromonarchie, per la Sorbona e per le scuole francesi d’ogni ordine e grado. Di fronte a denari (tanti) e a stipendi da Mille e Una notte, anche all’esangue François, che perde il posto a causa del passaggio di poteri durante la fase di transizione, non gli resta che convertirsi. Riacquisterà il suo incarico con stipendio superiore al precedente. Si converte di buon grado, anche perché il Corano promette delizie poligamiche che servono a restituire ai fiacchi occidentali, la virilità perduta: una donna matura in cucina, una giovanissima a letto e altre figure femminili intermedie per ogni esigenza. Le varie Aisha, Malika, Kalida, Fatima ecc. prendono il posto di donne occidentali belle, sexy ed emancipate al lavoro, ma stanche e isteriche quando rientrano a casa.
Tutte armi convincenti per imporre la “sottomissione”. Presto molti docenti universitari francesi si “convertiranno” per emulazione collettiva e per inseguire i loro tornaconti. Economici e no…
Se Houellebecq voleva fare una critica radicale a un’Europa e in particolare a una Francia senz’anima e cedevole, ignava e “collaborazionista” nel suo ceto borghese decadente e fiacco, ci è riuscito. Il laicismo e l’ateismo sono, come ho spesso ricordato, “contenitori vuoti” incapaci di ricucire ogni coesione sociale, specie di fronte alle sfide globali, ad una minaccia come l’Islam, e al comunitarismo in generale…
Meno convincente, quando vuole descriverci la palingenesi del suo protagonista dopo la “conversione”: l’incarico di pubblicazioni prestigiose presso la collana editoriale les Pléiades su Huysmans ottenuto per mezzo di Robert Rediger, un rettore ex identitario di destra, convertitosi all’Islam; lo stipendio maggiorato, ma soprattutto le tre ancelle velate che gli ronzano amorevolmente intorno prodigandogli ogni cura, dopo che alla grande moschea di Parigi ha pronunciato le formule di rito “Testimonio che non c’è divinità se non Dio (Allah) e che Maometto è il suo profeta”.
Resta da vedere: a) per quanto tempo le donne arabe avranno voglia di “sottomettersi” ai loro uomini-sceicchi, accontentandosi di preparare gustose focaccine; b) se sarà così facile convertire a questo stile di vita le attuali donne europee. Ma questo è un altro libro.
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