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In Confidenza

ASPETTARE IL DOMANI DI DIO

Don ERMINIO VILLA - 15/01/2016

mariaAi piedi della croce, Maria è donna del dolore e della vigilante attesa di un mistero, più grande del dolore, che sta per compiersi. Tutto sembra veramente finito; ogni speranza potrebbe dirsi spenta. Anche lei, in quel momento, ricordando le promesse dell’annunciazione avrebbe potuto dire: non si sono avverate, sono stata ingannata. Noi sappiamo aspettare il domani di Dio? O vogliamo l’oggi? Il domani di Dio per lei è l’alba del mattino di Pasqua. L’unica lampada accesa al sepolcro di Gesù è la speranza della madre, che in quel momento è la speranza di tutta l’umani-tà. Domando a me e a voi: nei monasteri è ancora accesa questa lampada?”.

Gesù, prima di morire, offre al Padre la sua esistenza in sacrificio perfetto a favore degli uomini: “Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità”: e ciò avviene attraverso la croce, subendo una condanna ingiusta, una violenza disumana, una morte umiliante. Dramma di una vita incorruttibile, ma attraverso una morte dolorosa.

Quando san Paolo dice: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” esultiamo all’idea che Cristo possa abitare in noi, che le nostre parole e le nostre scelte possano avere la bellezza delle parole e delle scelte di Gesù. Ma prima di questo Paolo ha scritto: “Non sono più io che vivo”: quanto di rinuncia, di sofferenza, può stare dentro a queste parole? È vita la dedizione totale di se stessi a Dio in una relazione appassionata di amore sponsale; è vita la libertà di offrire a Dio il tempo, la volontà, i sogni, i programmi; è vita l’esperienza di essere amati. Ma sa di morte l’esigenza di amare che ci espropria da noi stessi perché possa nascere la novità di Dio in noi.

La vocazione di tutti i battezzati è la santità; i consacrati ne sono la punta avanzata, che attestano che il cammino è possibile ed è fonte di gioia. Basta guardare le persone consacrate anziane: nonostante i tanti acciacchi dovuti all’età, non sono diventate tristi e avvilite, ma sono piene di spirito, di volontà di vivere e di amare, di pregare, di servire, di donare, di sperare…

Come dice il profeta: “A coloro che sperano in Lui, il Signore rinnova le forze; crescono loro le ali come di aquile; corrono e non si stancano, camminano e non si affaticano”. Dio, antico di giorni eppure perennemente giovane, custodisce nella giovinezza del cuore coloro che sperano in Lui”.

Noi accogliamo con gioia grande la misericordia di Gesù sacerdote e ci affidiamo senza riserve alla sua fedeltà. È degno di fede; merita che gli consegniamo tutta la nostra vita, senza riserve. Certo, rimane sempre la tentazione di tenere qualcosa per noi – un po’ di tempo, un grappolo di desideri, alcune abitudini – ma poco alla volta ci rendiamo conto che dietro a questi attaccamenti ci sta la nostra paura della morte e che la fede in Gesù risorto è una fonte gioiosa di speranza liberante.

Se la nostra speranza fosse solo in questo mondo, ogni rinuncia sarebbe una perdita, ogni sconfitta una morte senza rimedio. Ma la nostra speranza è in Dio, in Gesù Cristo nostro salvatore. Per questo possiamo donare senza paura di perdere, possiamo perdere senza diventare disperati. Il Signore, che ci ha chiamati, porterà lui a compimento la nostra avventura umana, quando e come Lui vorrà. Tutti i condizionamenti del mondo, tutte le incomprensioni degli altri, tutte le circostanze non gradevoli della vita, tutto questo non può sottrarci all’amore di Dio per noi. della vita, tutto questo non può sottrarci all’amore di Dio per noi.

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