Il ricordo di due grandi intellettuali aleggia sulle strade dei Sacri Monti di Varese e Varallo Sesia: parliamo di Lodovico Pogliaghi e Lodovico Antonio Muratori, il primo disegnatore, scultore, pittore, scenografo, collezionista e gran viaggiatore nato a Milano nel 1857, il secondo sacerdote, archivista, storico, biografo e bibliotecario all’Ambrosiana, nato a Vignola Modenese nel 1672; due personaggi legati tra loro dall’eclettismo, dagli interessi enciclopedici e dall’ammirazione per i Sacri Monti prealpini.
Muratori è considerato il più grande storico, giurista, letterato ed erudito modenese del diciottesimo secolo. Fu ordinato sacerdote nel 1695 a Milano e assunto alla Biblioteca Ambrosiana dai fratelli conte Carlo e monsignor Gilberto Borromeo-Arese. Dedicò tutta la vita allo studio rinunciando a prestigiose cattedre offertegli a Padova, Torino e Roma e lasciò un gigantesco patrimonio di opere di erudizione, scienza, letteratura, teologia, filosofia, giurisprudenza e storia.
Secondo Cesare Cantù, “adempiè tutti e tre gli uffici che fanno avanzare la storia di una nazione”: raccolse documenti inediti nell’opera Rerum Italicarum; fece luce su problemi storici controversi nelle Dissertazioni e fu scrittore “del più gran corpo” negli Annali, un autore coscienzioso, mai esagerato e servile, ardito, forte ed elegante”. Dal 1716 fu prevosto per oltre trent’anni di Santa Maria della Pomposa a Modena, la chiesa in cui, nel 1931, Lodovico Pogliaghi fu incaricato di costruirgli il monumento funebre.
Il sepolcro fa parte dell’Aedes Muratoriana, il complesso edilizio che comprende il museo, la chiesa e la canonica in cui Muratori visse fino al 1750, l’anno della morte. È una delle principali opere di Pogliaghi insieme alla Cappella Cybo a Genova, al monumento di Quintino Sella a Oropa, al gruppo della Concordia per l’Altare della Patria a Roma, al monumento funebre di Camillo e Arrigo Boito; senza contare i lavori svolti alla basilica di Sant’Antonio a Padova e nella reggia dello scià di Persia a Teheran, di cui riprodusse la preziosa stanza da letto nella villa sopra Varese.
C’è un altro aspetto che lega i due Lodovico ed è l’affetto che entrambi nutrirono per i Sacri Monti delle Prealpi. Pogliaghi lo dimostrò concretamente, stabilendosi a Santa Maria del Monte e trasformando un casolare immerso tra le vigne in una villa un po’ kitch ricca di capolavori raccolti viaggiando per il mondo e di opere di sua mano, lavorando nel santuario e restaurando le cappelle della Via Sacra. Muratori lo espresse scrivendo la biografia di don Benedetto Giacobini, il prevosto di Varallo e vicario generale della valle del Sesia.
Fu l’ultima delle dieci biografie che scrisse. Aveva conosciuto don Giacobini in gioventù partecipando a un corso di esercizi spirituali a Cressa nel Novarese e ne documentò l’operosa azione pastorale definendolo “perfetto esemplare de’ parrochi”. A soggiogarlo era stata la profonda azione caritativa del prete che viveva in rigorosa povertà e l’opera di diffusione degli esercizi spirituali per il clero da lui svolta. Muratori ammise addirittura di aver misurato la propria esperienza sacerdotale su quella del Giacobini, “esemplare confratello a cui ispirare la propria linea di vita”.
La biografia, edita la prima volta nel 1747 e pubblicata in successive sei edizioni, è stata ristampata ancora nel 1977 in un raro libricino a cura di Angelo L. Stoppa, a sua volta parroco di Varallo, giornalista e direttore dell’archivio storico diocesano di Novara: dove si racconta che anche il Muratori, come il parroco di Varallo che tanto stimava da dedicargli un approfondito studio, si preoccupò di restituire decoro alla chiesa di Santa Maria della Pomposa a Modena che gli era stata assegnata, restaurandola.
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