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Attualità

CUASSO, L’OSPEDALE ABBANDONATO

CAMILLO MASSIMO FIORI - 28/01/2012

veduta complessiva dell’Ospedale di Cuasso

Il nuovo ospedale di Varese non ha ancora un nome proprio: il primo nosocomio della città era intitolato a San Giovanni, per quello attuale è stata proposta la denominazione Sacro Monte; di fatto la struttura si chiama ancora ospedale di Circolo, una indicazione che risale all’Ottocento e indica genericamente l’area di competenza del presidio, idealmente compresa in un cerchio che comprende le località dalle quali l’ospedale poteva essere raggiunto da una carrozza a cavalli nello spazio temporale di un’ora. La fondazione Macchi era invece un ente distinto, costituito da una donazione, che comprendeva il padiglione, ora demolito, per la cura della tubercolosi, malattia contagiosa assai diffusa nei due secoli precedenti.

Il nuovo ospedale varesino è sicuramente all’avanguardia nell’alta specializzazione; comprende un monoblocco modernissimo, attrezzature ultra sofisticate e personale medico e infermieristico altamente qualificato. Le prestazioni offerte sono in linea con i migliori standard europei ma, come ovvio, esse comportano costi ingentissimi per il Servizio Sanitario Nazionale.

Secondo una discussa proposta della Regione Lombardia si vorrebbe consegnare ai pazienti dimessi, ma solo per conoscenza, il rendiconto dei costi sostenuti. L’intento è di per sé positivo: sensibilizzare i cittadini su quanto realmente spende la comunità per il funzionamento degli ospedali che garantiscono giorno e notte cure mediche per le diverse patologie e ammonire gli evasori fiscali che soltanto pagando le tasse dovute si potrà continuare a fornire le stesse prestazioni. Infatti una giornata di ricovero può costare oltre cinquecento euro e un intervento chirurgico più di cento volte tanto.

Anche per questo motivo la durata delle degenze tende ad essere accorciata senza che ciò vada a danno ai paziente ed è invalsa la pratica di affidare i pazienti che non possono essere dimessi alle strutture riabilitative convenzionate che, anche nella nostra Provincia, sono sorte numerose, specialmente ad iniziativa di privati.

La presenza di strutture private nel campo della sanità non è un fattore negativo, anzi una sana collaborazione con le strutture pubbliche, che costituiscono l’asse portante della Sanità italiana, una delle migliori del mondo, può essere un utile stimolo al miglioramento del servizio.

Nella nostra Provincia, tuttavia, mentre le strutture private prosperano soprattutto grazie alle convenzioni pubbliche, uno dei più efficienti ospedali, quello di Cuasso al Monte, è da molti anni abbandonato dopo avere perso l’autonomia ed essere stato riunito a quello di Varese.

Da allora nessun investimento è stato disposto per la manutenzione straordinaria degli edifici, per aumentare i posti-letto in una struttura ampia e funzionale, per integrare le attrezzature in linea con i progressi della tecnologia.

Quello di Cuasso al Monte è tutt’altro che un presidio fatiscente; è composto da un imponente corpo centrale e da tre piani, edificato agli inizi del secolo scorso con largo impiego del porfido rosso della zona.

Fu adibito dalla Croce Rossa Italiana a sanatorio finché l’uso degli antibiotici rese superflua l’ubicazione in zona particolarmente salubre costituita, nel caso specifico, da una foresta di pini dentro una conca di montagne di suggestiva bellezza.

Quando, agli inizi degli anni Settanta, il plesso fu assegnato al Servizio Sanitario Nazionale, fu aggiunto un secondo padiglione collegato a quello principale da un ponte coperto. Divenne un luogo di riconosciuta specializzazione nella riabilitazione respiratoria, motoria e cardiaca dove i malati lungodegenti ritrovano, grazie alle cure ma anche all’ambiente salubre, la salute.

Il posto è unico: accanto all’ospedale sorge ancora un antico chiostro perfettamente conservato e il parco ospita una caratteristica chiesa, collegata con un tunnel ai padiglioni, che venne inaugurata dal cardinal Montini. L’Ospedale svolge inoltre molteplici funzioni a beneficio degli abitanti della Valceresio, decongestionando il nosocomio di Varese.

La sua relativa eccentricità rispetto al capoluogo è largamente compensata dalla validità e funzionalità dell’ampia struttura, dai pregi incomparabili dell’ambiente e, soprattutto, dal minor costo di funzionamento. L’Ospedale è ben collegato da una scorrevole strada che lo collega a Varese e da un secondo percorso che, attraverso il pianoro dell’Alpe Tedesco, raggiunge la Valganna.

Davvero non si capisce come un complesso di così alto valore, capace di reggere per qualità di prestazioni e costi la concorrenza con le altre Residenze sanitarie, sia da molti anni trascurato. Tenuto anche conto che la sua ristrutturazione comporterebbe l’impiego un decimo dei fondi destinati alla nostra zona nel settore della sanità; non si capisce perché un ospedale pubblico, costruito con i soldi e la passione della comunità provinciale, debba essere sacrificato agli interessi, peraltro legittimi, degli operatori privati.

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