Dei venti decenni dall’elevazione a città della nostra cara Varese gli ultimi, quelli dell’egemonia del Carroccio, hanno deluso le aspettative di chi aveva creduto nella capacità di svolta di un localismo e di un regionalismo dirompenti pur non avendo alle spalle filosofi, pensatori, uomini di grande cultura. Per la verità la Lega uno, di grande profilo, l’aveva, il professor Gianfranco Miglio, presto però diventato incompatibile con i vertici inadeguati di un partito che lontano da Varese qualche inciampo di troppo lo collezionava.
Nelle nostre istituzioni non ci sono mai stati grandi scandali germogliati in tutto il Paese, ma nemmeno sono stati raggiunti in misura accettabile i risultati promessi.
Tra qualche mese ci saranno i bilanci ufficiali e allora saranno più precisi i paragoni con il passato e quindi più credibili i giudizi.
Ai bilanci seguirà poi il voto, una vera avventura perché i criteri di valutazione potrebbero mutare se rapportati ad altre situazioni esterne connesse alla nostra realtà. E non ci saranno problemi di questo tipo solo per il Carroccio, ma anche per altri partiti dal momento che alla porta di ogni varesino bussano oggi amici che presentano proposte sviluppatesi nel recente passato e legate a grandi questioni come immigrazione, unioni civili, povertà, salute. Un mix esplosivo se consideriamo che l’inazione di tutti i partiti ha causato danni rilevanti alla nostra comunità. È sufficiente ricordare lo scasso della sanità varesina per inchiodare la politica alle sue responsabilità.
E se c’è appunto una città dove inciampi e trabocchetti sono in bella mostra sulle bancarelle del mercato dei voti questa è proprio la nostra, dove dovrebbe invece regnare una storica calma piatta.
A incrinare questa sonnolenza gestita anche con ricorso a letture di un passato che si voleva riproporre, spesso con richiami dialettali a un mondo “t’amo pio bove”.
Un passato invece già oscurato nel XX secolo da due leggendarie epoche. La prima, quella turistica e industriale, imperniata su importanti riferimenti come grandi alberghi di eccezionale architettura, funicolari, ippodromo e nascita e sviluppo del polo aeronautico; la seconda che ha portato a boom internazionali l’industria e lo sport di Varese. Affermazioni ottenute grazie anche al lavoro di moltissimi immigrati.
Il revanscismo bosino in tanti anni non ha avuto consensi e successi. Varese dolce città giardino degli Anni ‘50 oggi assomiglia a tante altre comunità nazionali, prede notturne di irrispettosi e zozzoni.
Non bastasse, più volte rappresentata nelle compagini governative, Varese non ha avuto i benefici in genere connessi a queste presenze. Con buona pace dei duri e puri della prima ora, protagonisti di un ridicolo memorabile al quale hanno aderito tanti illusi e delusi della Prima Repubblica. Un efficace ricordo di quel tempo ce lo ha lasciato l’avvocato Luigi Bombaglio con una satira in rima e in dialetto, ma con finale in italiano.
Raccontano i versi di un leghista che se ne frega di essere morto dal momento che lo ha fatto per la Lega. Accade durante un trasfusione: il protagonista si accorge che il donatore è meridionale e quando il medico dà conferma, il nostro eroe rifiuta il “mescolamento” e muore dissanguato. Conclude Bombaglio: “Morale in lingua. La morale bisogna dirla: nascere lombardo e morire pirla”.
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