Caro Renzi, sono stato con te nelle tue prime e perdenti primarie (2.12.2012) anche se il mio amico Enrico Letta mi invitava a votare Bersani. A maggior ragione ti ho sostenuto contro Cuperlo e Civati quando (8.12.2013) sei stato eletto con l’altissima percentuale del 68%. Ho masticato amaro per il modo con il quale, un paio di mesi più tardi, hai “defenestrato” Letta dal governo, ma capivo la necessità della svolta dopo che il Pd aveva praticamente cambiato pelle.
Approvo l’indirizzo politico del tuo governo. Ho difeso a spada tratta il Jobs Act affermando che semmai era arrivato troppo tardi. Penso che non ci siano alternative all’Europa che va resa politicamente più forte e coesa ed hai ragione quando critichi la guida troppo solitaria di Angela Merkel. In politica estera, sugli interventi armati in Libia e in Siria, sul rapporto costruttivo (malgrado le sanzioni internazionali) con la Russia di Putin, mostri una cautela rassicurante che mira agli interessi italiani come fanno gli altri grandi Stati del mondo.
Detto tutto questo, ci sono dei lati che mi convincono meno. Da molto tempo sono dell’idea che il leader del partito maggioritario dovrebbe andare al governo mantenendo la leadership della sua forza politica. Si sta però facendo strada la consapevolezza di un partito poco guidato. È inevitabile che sia così non avendo tu né il tempo necessario né la mente libera per far crescere il Pd. È giusto richiamare le minoranze al rispetto delle decisioni prese ma debbono essere discusse, seppure non all’infinito, con l’attenzione necessaria. Non mi piacciono le Assemblee nazionali che durano mezza giornata e le Direzioni che durano due ore. Al Pd serve un segretario “esecutivo”.
Il coraggio delle sfide difficili lo possiedi in abbondanza. “Se perdo al referendum costituzionale ho fallito e me ne vado”, affermi tutti i giorni. Ma perché trasformare quella grande prova democratica in un referendum sulla tua persona? In questo modo non si rischia forse di alterare il significato del voto? Potrebbero votare contro, per mandarti a casa, persone che credono nella riforma o viceversa. La Costituzione è un corpo vivo di norme fondamentali che esigono una valutazione per quanto possibile scevra da calcoli che le sono estranei.
Hai disarticolato la sinistra tradizionale costringendola a scomporsi e ricomporsi. Magari così tornerà ad essere utile anche l’ala estrema, se non altro per dare una rappresentanza ad un elettorato ancora presente ed attivo. È una liberazione per il Pd non avere più paura del “nemico” a sinistra. Ma il partito della Nazione cosa sarebbe? Se intendi una forza che sa mettersi in relazione con tutti gli elettori, compresi quelli che in passato votavano per la destra, va benissimo, purché non celi il disegno di incorporare pezzi di quella classe dirigente. L’Italia ha bisogno di un partito con una chiara impronta di centrosinistra che abbia una visione liberale dell’economia ma contrasti il liberismo e il capitalismo senza regole (e senza etica). In questo quadro avevo inteso la battaglia vincente contro il conservatorismo e il consociativismo vetusto e velleitario di parti importanti del sindacato.
Non circondarti di yes man. Gli adulatori sono gli “amici” più pericolosi. Accetta e sollecita gli apporti critici costruttivi. La spavalderia, la “rottamazione”, la polemica contro la vecchia politica ti è servita per conquistare la guida del primo partito d’Italia. Da capo del governo inventarsi un nemico al giorno sarebbe un controsenso che danneggerebbe la tua stessa leadership. La sobrietà, in particolare quando si è al comando, è una virtù da coltivare.
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