Ascolto per l’ennesima volta all’Angelus Papa Francesco consigliarci di leggere ogni mattina una frase del Vangelo e tenerne una copia in tasca o nella borsa. Quante volte l’avrà ripetuto dall’inizio del suo Pontificato? Cinque,dieci,venti? Un raggio di sole lo illumina mentre parla a una piazza San Pietro affollata, nonostante i rigidi controlli agli ingressi.
Quante volte l’avrà detto? Ma quanti di noi hanno messo in pratica l’invito forse giudicato troppo ingenuo?
C’è nello stile di Bergoglio una cifra che va diretta al cuore. Un po’ Papa Giovanni, un po’ Luciani richiama alle cose semplici in maniera disarmante ( e per taluni irritante ). Come quando si ferma nell’omelia e chiede ai fedeli di ripetere con lui una giaculatoria. Lo ha fatto all’Angelus il primo dell’anno: “Oggi il Signore fa risplendere il suo Volto su di me”. E nel pomeriggio a Santa Maria Maggiore invitando a ridire per tre volte ad alta voce l’invocazione «Santa Madre di Dio!». O come quando lo scorso ottobre ha domandato ai presenti: “Credete che saremo per sempre nel Signore? Mmm… mi sembra di no eh?”. “Credete?”, ha ripetuto. E di fronte ad un coro di “sììì”, ha esortato i pellegrini a ripetere insieme a lui tre volte le parole di San Paolo: “Saremo per sempre con il Signore'”.
Bergoglio spesso è criticato. Lo si accusa ciclicamente di essere populista, di non prendere chiara posizione contro alcune tesi laiciste, di tralasciare l’enunciazione della dottrina cattolica, di parlare troppo di poveri. Si è persino giunti in ambito cristiano a mettere in dubbio la legittimità della sua elezione. Non c’è sua conferenza stampa che non apra uno strascico di polemiche sui social network. Alcuni vaticanisti rimpiangono Benedetto XVI e lo citano strumentalmente contro Bergoglio.
A volte mi domando se dietro a queste critiche non vi sia una difficoltà tutta occidentale ad accogliere la sua semplicità. Se la radice di questa malcelata opposizione non stia in un intellettualismo che giudica le sue tesi troppo ‘facili’.”Si mandano i figli a scuola, dice Dio. Si farebbe meglio a mandare a scuola i genitori. Son loro che ne hanno bisogno” commentava un secolo fa lo scrittore francese Charles Peguy. “Ma naturalmente ci vorrebbe una scuola di Me. E non una scuola di uomini. Si crede che i bambini non sappiano nulla. E che i genitori e le persone grandi sappiano qualcosa. Ora io ve lo dico, è il contrario (È sempre il contrario). Sono i genitori, sono le persone grandi che non sanno nulla. E sono i bambini che sanno. Tutto. Perchè essi hanno l’innocenza prima. Che è tutto”.
Siamo ancora nel clima post natalizio. E davanti alla disarmata presenza di un Dio fatto bambino viene da pensare che l’incarnazione sia un metodo troppo ‘ingenuo’. Per un intellettuale europeo, un paradosso. Eppure è dei semplici il Regno dei cieli.
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