Il nostro Paese da almeno venti anni appare sempre tra gli ultimi posti nelle classifiche europee in molti settori di vitale importanza. Gli italiani leggono poco; guardano tanto la tivù spazzatura; si laureano in pochi; evadono imposte e molto; la criminalità organizzata ha occupato la politica; l’indipendenza dell’informazione in pratica non esiste; l’arroganza ed il bullismo dilagano; la classe politica tocca livelli di credibilità ridicoli; le banche hanno bisogno del sostegno di pensionati con la minima costretti a comperare la spazzatura finanziaria. Va bene.
Si potrebbe continuare ma è bene andare ai fatti, quelli nostri e ritornare su un caso emblematico, quello del cambio del nome dell’ISISS Daverio Casula di Varese voluta dalla dirigente e sostenuto da organi scolastici nei quali pare prevalere la presenza di rappresentanti dei “bidelli”. Ne abbiamo già scritto, anche in tempi lontani quando, nel 2012, chiedendo ad alunni e docenti chi fosse Francesco Daverio, ottenemmo simpatiche risposte (economista, partigiano, politico locale del dopoguerra…). Le scuole dovrebbero essere tutte intitolate a calciatori, cantanti, veline e le stesse intitolazioni dovrebbero essere modificate ogni cinque anni attraverso un sondaggio fatto tra gli alunni dei primi due anni di corso, indiscutibilmente più aggiornati sui campionati di calcio e sui seni delle veline. Aumenterebbe anche il PIL per via del lavoro aggiunto di necessarie comunicazioni, ristampa di documenti, nuova carta intestata, bolli, aggiornamenti web e cartacei, spese di luce e gas per le dovute assemblee. Moltiplicate il caso Daverio per migliaia di scuole in Italia e fate felice il Governo.
L’associazione Varese per l’Italia 26 maggio 1859, senza il contributo di nessuno, di propria iniziativa, fece collocare sotto il busto raffigurante Francesco Daverio, all’ingresso della scuola di Viale XXV aprile, una lastra in cristallo, grande, con parole esplicative in modo che lo stesso Daverio, nei luminosi anni a venire, quando l’ignoranza avrà arricchito di molto l’arroganza, lo stesso non venga scambiato per un famoso panettiere, visto il cappello col quale viene raffigurato, che non è da panettiere ma del modello “alla calabrese” come a Milano ed in Lombardia si portava, finché non venne vietato, per ricordare le repressioni dei patrioti in Calabria negli anni Quaranta del 1800.
La stessa associazione, con non poche difficoltà, riuscì a far posizionare un masso in marmo nel parco storico del Gianicolo a Roma, dove Daverio, ingegnere laureato a Pavia, di Calcinate del Pesce, aderente alla Giovine Italia, mazziniano, cadde con Enrico Dandolo ed Emilio Morosini, bersaglieri, cattolici, monarchici, nella difesa della Repubblica Romana guidata da Giuseppe Mazzini, nel 1849.
Strano? No.
Non è stano che due giovani figli della nobiltà varesina, cattolici, monarchici, arruolati nei bersaglieri lombardi con Luciano Manara, che cadrà anche lui a Roma nel 1849, siano corsi a combattere, ventenni, per un ideale di indipendenza ed Unità d’Italia, perché la ragione unica era quella di unire il Paese e renderlo indipendente. Alla forma politica e costituzionale si sarebbe provveduto poi. Del resto Giuseppe Garibaldi fece lo stesso percorso. Massone, repubblicano, combatté sempre per Vittorio Emanuele II, convinto che l’Unità si sarebbe raggiunta solo con l’aiuto dei Savoia. Eccola la lezione, questo saper vedere l’obiettivo e lasciare in seconda fila, momentaneamente, le divergenze, i particolarismi, nel nome di un interesse superiore e collettivo fino all’estremo sacrificio, come questi giovani varesini e cent’anni dopo come Nuccia Casula, giovanissima staffetta partigiana. Ora attendiamo il cambio del nome dell’Ospedale di Circolo Fondazione Macchi perché ci sono dei problemi irrisolti e delle emergenze al Pronto Soccorso. Se cambiano il nome, i problemi relazionali ed organizzativi al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Varese scompaiono sicuramente, secondo un argomentare non dissimile dalla tesi della preside del Daverio. Non si capisce perché non procedano in questo senso fior di manager lautamente pagati della Sanità lombarda. E’ un mistero.
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