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Parole

FRASI DA CANCELLARE

MARGHERITA GIROMINI - 23/12/2015

Ora che sta per chiudersi un altro anno, mi piace immaginare ciò che farei se…. avessi il potere di fare sparire alcune parole che mi hanno disturbato nel corso dell’anno che sta per chiudersi. Cosa che accade in una novella del poeta e scrittore per l’infanzia Gianni Rodari, Premio Andersen 1972.

Rodari racconta di due parole scomparse non solo dal vocabolario ma dalla stessa lingua parlata: le abusate cuore e amore che un bel giorno (o brutto?) si ritrovarono impronunciabili in quanto consumate da un uso improprio e fastidioso. Amore e cuore furono riammesse solo quando le persone le ebbero riabilitate avendo imparato a usarle correttamente.

Che frasi vorrei cancellare nei prossimi 365 giorni?

“Non accetto lezioni di democrazia da nessuno”.

Molti di noi (io in primis) l’hanno proferita almeno una volta nella vita, senza accorgersi che proprio affermando di essere già maestri di democrazia, hanno denunciato la propria debolezza. Perché la democrazia è un esercizio quotidiano di pazienza, rispetto e ascolto; perché chi si definisce democratico accetta le opinioni altrui anche se non gli piacciono; perché la democrazia pretende che venga dato a ognuno uno spazio adeguato nella gestione della vita collettiva.

Meglio cominciare a riconoscere, a più di duemila e cinquecento anni dalla sua invenzione in Grecia, quant’è fragile il concetto di democrazia.

Con che cosa sostituirei la frase incriminata? Con un semplice: “Grazie, farò tesoro dei tuoi/suoi consigli. C’è sempre da imparare”.

“Dimettermi? Non ci penso nemmeno!”

La frase contiene un che di minaccioso, o forse solo di imperioso. Sibilata quasi sempre, in pubblico o sulle pagine di un quotidiano, da qualche signore o signora che ha un problema rispetto all’incarico pubblico che ricopre. A pronunciarla sono persone diverse tra loro per posizione sociale e politica e per collocazione nella graduatoria di importanza, si tratti di occupare un posto di potere ad alto livello o un piccolo trono, magari la presidenza della locale bocciofila o quella del club nautico.

Dovrebbe valere il principio che in una società democratica non esiste mandato ricevuto dalla base che debba ritenersi definitivo e né un “capo” che possa dirsi inamovibile.

Se qualcuno mi sta chiedendo di dimettermi, un motivo ci sarà, magari fragile, ma pur sempre espresso da un mio pari che merita ascolto.

Perché non rispondere : “Prenderò senz’altro in considerazione le sue/ vostre buone ragioni e le/vi farò conoscere le mie decisioni”?

“Prima gli italiani”.

Terribile frase che gira su Facebook e viene condivisa da alcuni dei miei “amici”, persone che in verità non conosco neppure ma che, tramite il legame con altri, sono entrate in contatto con me. Amici che da tempo vorrei rimuovere tanto abissale è la distanza tra ciò che “piace” a me e ciò che “piace” a loro.

Ebbene, costoro pubblicano la fotografia di alcuni profughi affamati, chini sul piatto portato loro dai soccorritori, accanto alla fotografia di clochard “italiani” in fila per un piatto alla mensa dei poveri. La scritta “prima gli italiani” campeggia sulle due fotografie e vergognosamente mette in contrapposizione gli uni agli altri.

Ma dopo le frasi che vorrei espellere dal vocabolario del prossimo anno, invio questo augurio ai lettori di RMFonline:

“Ci sono parole per gli amici: ‎”Buongiorno, buon anno, siate felici”,
parole belle e parole buone per ogni sorta di persone”. Gianni Rodari (1920-1980)

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