Affronto il tema di coloro che il Natale non possono farlo ovvero di coloro che lo vivono molto angustiati per i problemi di cui soffrono e di tutti coloro ai quali viene concesso di festeggiare in una abitazione provvisoria.
Di questo problema non si parla e si conosce molto poco. Tratto quindi delle persone senza dimora che è un problema in crescita che ha avuto una indagine statale e una risposta comunale e rispetto alla quale ho chiesto alcune precisazioni al competente assessore alla Persona e Famiglia del Comune di Varese.
Sono informato che i clochard sono in aumento nel nostro Paese: sarebbero 50.724, infatti, contro i 47.648 del 2011, secondo la stima del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali contenuta nell’indagine presentata la scorsa settimana con l’Istat, la Caritas e la Fio.PSD (Federazione italiana organismi per le persone senza dimora).
Il numero corrisponde al 2,43 per mille della popolazione residente nei Comuni considerati, che nella distribuzione geografica rispecchiano il sempiterno divario tra Nord e Sud. Sostanzialmente stabile nelle regioni del Nord-ovest, del Centro e delle Isole, la quota dei senza dimora diminuisce nel Nord-est del Paese e aumenta al Sud.
Rispetto al 2011, comunque, il numero dei servizi di mensa e accoglienza notturna diminuisce del 4,2%, mentre aumentano le prestazioni erogate mensilmente dai servizi attivi (+ 15,4%).
I senza dimora sono quasi tutti uomini (85,7%), stranieri (58,2%), e come si può facilmente immaginare hanno un basso titolo di studio. Cresce rispetto al passato la percentuale di chi vive solo (da 72,9% a 76,5%), a svantaggio di chi ha un partner o un figlio (dall’8% al 6%). Il 51%, inoltre, dichiara di non essersi mai sposato.
Rispetto all’indagine del 2011, inoltre, si riduce il divario tra utenti stranieri e italiani in termini di età, durata della condizione di senza dimora e titolo di studio. Gli italiani sono mediamente più anziani e meno istruiti. La perdita di un lavoro stabile insieme alla separazione dal coniuge e/o dai figli si conferma come l’evento più rilevante nel percorso di emarginazione. Un peso importante, seppur più contenuto, lo hanno anche le cattive condizioni di salute: disabilità, malattie croniche e dipendenze.
Per contrastare i casi più gravi di emarginazione e povertà, il ministero del Lavoro ha proposto linee di indirizzo approvate dalla Conferenza Unificata il mese scorso e presentate congiuntamente all’indagine. «Affrontare i problemi con la logica dell’emergenza non è il modo giusto per risolverli – ha commentato il ministro Poletti – e rischia anzi di essere una scusa per rinviarli e, di conseguenza, renderli più difficili. Occorre invece, come nel caso del contrasto ai casi di emarginazione più grave e in generale alla povertà, un approccio strategico che permetta di definire interventi strutturali coordinati tra più soggetti e, per questo, in grado di produrre risultati concreti».
Le linee di indirizzo, che raccolgono le migliori esperienze locali, nazionali ed europee, sono state elaborate dai rappresentanti dei diversi livelli di governo (in particolare delle Città metropolitane), in collaborazione con i diversi soggetti che offrono servizi come la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora. «Il Governo – ha chiarito Poletti – ha deciso di destinare, nell’ambito di questi due programmi comunitari, 100 milioni di euro in sette anni al finanziamento di servizi coerenti con le linee guida, cui potranno aggiungersi le risorse che le Regioni vorranno destinare con la programmazione regionale e le grandi città con la programmazione del Pon Metro. Ed è motivo di soddisfazione che la Commissione europea, intervenuta alla presentazione, abbia manifestato grande apprezzamento per questa modalità di utilizzo delle risorse comunitarie, ringraziando il Governo per aver saputo cogliere in maniera ‘esemplarÈ le opportunità offerte dal nuovo ciclo di Programmazione».
Ciò premesso ho chiesto informazioni al competente Assessore comunale scrivendogli e ponendogli così una serie di domande: questo dato di aumento del numero delle persone dei senza dimora è constatabile anche nella nostra città?
Quante sono le famiglie censite ma non ospitabili per soprannumero negli appartamenti messi a disposizione dal Comune Quante persone sono ospitate giornalmente per dormire e per mangiare nel centro di Via Maspero? Quante persone sono invece ospitate da Caritas sempre per mangiare e dormire e dove? Chi svolge un coordinamento cittadino? Questo coordinamento se non fosse eseguito servirebbe e se invece vi fosse che costi esattamente ha? Quali caratteristiche hanno i rifugiati: questi hanno una partner o un figlio, quanti sono gli utenti stranieri e quanti sono gli italiani? Quale è il loro titolo di studio e quale è la durata della loro condizione di senza dimora? Quanti sono i casi di sfratto provocati da situazioni di momentanea difficoltà economica di famiglie varesine accertati nell’ultimo anno e nell’anno precedente?
Quanti appartamenti il Comune di Varese abbia destinato per dare ospitalità a madri e padri senza disponibilità immediata?
Sono d’accordo con gli scopi del progetto assessorile di ‘’Housing socialÈ’. Con il progetto TEA – così si chiama il progetto – il Comune di Varese risponde al dramma legato alla momentanea mancanza di una casa. Nuclei familiari con minori potranno ottenere un tetto per un periodo massimo di un anno.
Il problema più grave è quello di coloro che non possono essere accompagnati al nuovo lavoro e in un anno non potranno risolvere il proprio problema.
Chiedendo di coloro che non possono lavorare: quante sono le persone accertabili che non hanno nessuna capacità lavorativa e che quindi non è stato possibile accompagnare a trovare una occupazione?
Dal punto di vista della collaborazione fra diverse istituzioni che condividono il territorio, qual è la natura dei rapporti che ha intrattenuto o intrattiene il Comune di Varese con i Comuni limitrofi ovvero con le Associazioni tutti chiamati a risolvere lo stesso problema?
Aspetto (aspettiamo) risposte.
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