“Con la cultura si mangia”: grazie ad un recente dibattito dell’ARCI (28 novembre), lo slogan contrario alla famosa battuta del Ministro delle Finanze Tremonti del 2010 è balzato in primo piano anche a Varese, con l’occasione delle Primarie in dirittura d’arrivo. Ma solo per un attimo, subito dopo l’opinione pubblica è tornata a concentrarsi sui regali di Natale, zamponi e panettone e altre più tangibili pietanze di stagione. Eppure, “mangiare con la cultura” può essere programma politico lungimirante e fruttifero, meritevole d’esser discusso tutto l’anno. Specialmente a Varese, dove è quasi sempre snobbato, andrebbe fatto ogni sforzo per assimilarlo.
Innanzitutto: la cultura alimenta lo spirito, apre le menti, rende cittadini migliori elevando la qualità delle relazioni tra le persone e con l’ambiente. Crea una comunità rispettosa dell’ambiente e delle persone, più armoniosa, cordiale e solidale, disponibile all’incontro e all’accoglienza, capace di visione e di futuro. Permette di riconoscere il valore, la qualità della città e del territorio, che cosa è bello e positivo e merita di essere tutelato e vissuto, che cosa è brutto e negativo e deve essere cambiato. Aiuta a vivere bene la propria città, la fa amare e spinge a impegnarsi per migliorarla. Serve a fare della città un luogo dove vale la pena vivere.
In secondo luogo: la cultura promuove ed alimenta nei cittadini l’apprezzamento dei beni comuni, paesaggistici, architettonici, monumentali, artistici, creando le condizioni intellettuali, morali e psicologiche per la valorizzazione turistica della città e del suo territorio. La buona accoglienza dei visitatori presuppone la conoscenza e la consapevolezza della qualità dei propri beni culturali. Occorre sapere ed essere convinti di avere dei beni culturali di valore, da offrire all’apprezzamento degli ospiti.
In terzo luogo: la cultura alimenta e favorisce l’innovazione, genera e sostenta le condizioni intellettuali, psicologiche e sociali per l’invenzione creativa e la sua valorizzazione economica e produttiva, sia in campo industriale che nel campo dei servizi. La nascita di nuove imprese, il rilancio delle imprese storiche, l’avvio di nuove avventure imprenditoriali, presuppongono un’apertura culturale rinnovata e la valorizzazione della creatività delle persone. Specialmente per le imprese aperte all’esportazione, all’Europa e ai mercati internazionali, serve l’economia della conoscenza prima ancora che quella della produzione e dello scambio commerciale. E a sua volta la cultura d’impresa ritorna alla città e al territorio coi suoi valori di concretezza, elasticità, efficienza, futuro.
Con quali peculiarità per Varese?
Varese deve recuperare la sua identità di “città giardino”, fatta decadere da decenni di incuria, speculazioni edilizie e politiche sbagliate. Deve recuperare la sua vocazione imprenditoriale, appannata e sfiorita nell’epoca della globalizzazione. Deve ritrovare il respiro internazionale da città di frontiera, porta verso l’Europa.
La cultura è una chiave importante per la rinascita di Varese su tutti questi fronti.
Vanno valorizzati i beni culturali della città e del suo territorio, a partire dal paesaggio con la tutela del verde, dei parchi e dell’ambiente, sino al ricco patrimonio storico-artistico e monumentale, alle biblioteche e ai musei pubblici e privati, alle manifestazioni in campo musicale, cinematografico, teatrale, letterario, ai cicli di conferenze, alla rete di associazioni culturali e alla miriade di iniziative quotidiane. Può diventare un polo attrattivo per una vasta area, sovraccomunale e transfrontaliera, generatore di sviluppo.
Ma bisogna crederci: i primi fruitori devono essere i varesini, per i quali il complesso delle attività culturali – anzitutto quelle istituzionali comunali: Musei, Biblioteche, Stagione Musicale e Teatrale, VareseCorsi, ecc. – deve poter svolgere la funzione di “educazione permanente”, per scelta e non per obbligo: promuovere conoscenza attraverso il richiamo dell’interesse personale, del desiderio di arricchire la propria visione del mondo. Un città che ama e coltiva la cultura è la base indispensabile per giovarsi della cultura come sviluppo.
Quindi, va potenziata l’attrattività interna per fare da lievito e propulsore per l’attrattività esterna, soprattutto agendo sulle forme di comunicazione (dalla cartellonistica ai punti informativi, sino al web) e sulla preparazione educativa nelle scuole, per poi ricercare adeguate negoziazioni e incentivazioni col sistema dei tour operator – dentro la rete promozionale provinciale, regionale e nazionale – affinché inseriscano Varese nei pacchetti turistici.
Non trascurando la messa in rete delle iniziative per creare sinergie e ottimizzare risorse, costi e risultati. E ponendo l’identità culturale varesina in modo non scioccamente concorrenziale ma complementare con Milano, ed anzi profittandone per gli eventi di valore e richiamo esclusivi – es.: la Scala – con nuova logistica per collegamenti ferroviari veloci da metropolitana leggera, secondo lo standard europeo che per tratte di ca. 50 km è di 20 minuti, contro i scoraggianti 70 minuti di oggi.
Ma per muoversi in queste direzioni, occorre far cambiare totalmente verso al Comune di Varese.
Nella situazione di crisi della finanza locale, la guida leghista del Comune ha provveduto a diminuire la spesa col tradizionale metodo dei “tagli lineari”, ma con una maggiore penalizzazione del settore cultura, ridotto al lumicino proprio sulla falsariga dell’astinenza di Tremonti: rispetto ai circa 3,8 milioni di euro del 2009, il bilancio della cultura si è ridotto progressivamente, del -3% nel 2013 sino al -5% del 2014, al -19% del 2015, al -28% previsto nel 2016!
Per cambiare verso, occorre agire almeno su due fronti: spending review interna e rete di fund raising esterno.
La spending review interna è un obbligo morale e una necessità politica: seppure il Comune di Varese non appartenga ai comuni spendaccioni (per ragioni storiche di mentalità varesina, non certo per meriti leghisti), una seria revisione della spesa per eliminare le sacche di cattivo impiego delle risorse non è mai stata fatta, impedita dalle logiche spartitorie dei governi di coalizione e dalla frammentazione degli Assessorati-repubbliche indipendenti. Una vera collegialità e un dimagrimento della Giunta è la premessa per una giusta revisione della spesa, anche a favore della cultura.
La rete per il fund raising esterno è l’altra risorsa: non si tratta semplicemente di incaricare gli uffici comunali di mettersi alla ricerca di tutti i bandi di finanziamento possibili e immaginabili, presso le fondazioni bancarie piuttosto che presso la Regione, lo Stato, l’Unione Europea. Si tratta soprattutto di fare rete con le istituzioni e le associazioni culturali del territorio, pubbliche e private, condividendo obiettivi e risorse per fare massa critica al fine di partecipare ai bandi con capacità progettuale e peso specifico idoneo ad ottenere risultati. E in questo la caratura politica del Sindaco e le relazioni di livello regionale, nazionale ed europeo possono dare un valore aggiunto.
Ma il rapporto dell’Amministrazione Comunale con le istituzioni ed associazioni culturali, pubbliche e private, non deve essere intenso e collaborativo per mere ragioni utilitaristiche e finanziarie: è la concezione stessa della politica locale, come partecipazione di tutti i soggetti attivi del territorio per realizzare il bene comune, la vera ragione del rispetto e della disponibilità che sono dovuti dal Comune ad associazioni e istituzioni.
E’ la logica della sussidiarietà territoriale, orizzontale e verticale, che richiede che ciascuno svolga il proprio ruolo in modo complementare agli altri e ricercandone la cooperazione su interessi comuni. E in questo va apprezzata la creatività e la capacità innovativa che l’associazionismo culturale sa sviluppare, dando stimoli continui alle stesse istituzioni, che devono essere capaci sia di ascolto che di azione.
Fare rete non è facile, perché ognuno deve rinunciare a particolarismi e saper condividere le differenze come arricchimento. C’è da augurarsi che si ripetano iniziative come “Convergenze”, il network di 12 associazioni culturali varesine che ha ottenuto un cospicuo finanziamento triennale della Fondazione Cariplo; e andrebbe in questo senso la costituzione di una Consulta Culturale, con rappresentanze di tutte le associazioni e le istituzioni culturali per condividere a livello cittadino obiettivi, programmazioni, accesso a risorse, promozione e pubblico. Mentre un diverso organismo, rappresentativo dell’universo culturale cittadino (scuole, università, media, fondazioni, figure autorevoli, ecc.), potrebbe svolgere funzioni di Commissione di Valutazione per la selezione rigorosa e trasparente delle iniziative culturali che meritino il sostegno comunale: economico, organizzativo, partenariale.
L’uno e l’altro organismo esalterebbero il ruolo autenticamente democratico e di servizio che può svolgere il Comune in campo culturale: come capacità di ascolto, di valutazione imparziale di merito, esente da ideologie e da logiche di appartenenza politica o lobbistica o di tornaconto assistenzialistico-elettorale, e infine di sostegno, armonizzazione e coordinamento rispetto alle iniziative e ai soggetti meritevoli, con un approccio selettivo orientato alla qualità. Gravoso ma essenziale impegno per la prossima Amministrazione.
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