Ci sono più chiavi di lettura del risultato delle prime elezioni primarie che si sono svolte a Varese in settant’anni di democrazia. Ecco la mia, cittadino mai iscritto a un partito, per mestiere attento agli interessi della comunità specialmente quando la politica affronta problemi gravi o odiosamente li nasconde, come quello della potatura dei posti letto dell’ ospedale di Circolo.
Oggi posso registrare il successo della svolta all’interno del partito più importante della sinistra cittadina: le primarie Pd hanno dato indicazioni precise sul futuro sindaco di Varese.
All’usato sicuro rappresentato dal vecchio e popolare pirata Marantelli – una storia infinita di abbordaggi coraggiosi e leali – con il voto si è preferita la giovinezza determinata e colta di Galimberti, in via di completa maturazione nell’aula consiliare, ma già collaudata nella professione.
La candidatura a sindaco è ben diversa dalla elezione, è un riconoscimento di potenzialità, di attitudini, di speranze, è un sogno che accomuna l’eletto e i suoi elettori e quindi come tale non può andare oltre gli auspici: sarà il campo di battaglia a raccontarci le qualità del guerriero.
E’ confermato che a Varese la professione forense apre anche percorsi che portano alla prima poltrona di Palazzo Estense. In cinquant’anni ben quattro degli otto sindaci che ho avuto li ho frequentati come primi cittadini: Oldrini, Gibilisco, Fassa e Fontana.
Se i rumors hanno fondamento, nel 2016 sarà addirittura un derby tra toghe autorevoli: Marsico contro Galimberti. Il prezzo per la gloria è comunque caro perché l’esperienza amministrativa pubblica dice chiaramente che l’attività di sindaco oggi non permette troppe fughe nel privato: la professione finisce spesso in secondo piano, dopo cioè l’impegno pubblico. Fare il sindaco è sì un bel servizio alla città ma è anche un sacrificio che ha altre ricadute non entusiasmanti, come quelle sul lavoro e sulla famiglia.
Questi aspetti negativi emergono se la Giunta non è di estrema qualità.
Varese nella sua storia ha avuto numerosi avvocati a Palazzo Estense, mi va di ricordarne uno, un campione di umanità: Luigi Bombaglio. All’università era stato un fascista scomodo, prigioniero durante il secondo conflitto mondiale rientrò a Varese nel 1946. Il fatto di non aver partecipato alla guerra civile, inoltre cultura, competenza e una bella carica di simpatia gli valsero la stima e il rispetto di tutti, anche della sinistra. Fece il consigliere d’opposizione, credo che sarebbe stato un sindaco del sorriso.
Abbiamo oggi fior di problemi per decenni la città non ha avuto il meglio anche perché su diverse pesanti situazioni non c’è mai stata collaborazione da parte dei piani alti dei partiti, anche quando avevano dei ministri. E di questi tempi saremmo in fondo alla classifica se in Regione, dove i nostri eletti a volte sembra quasi che ci remino contro, la prima poltrona non fosse targata Varese.
Di quello che era l’impero, a casa nostra del centrodestra, ci sono toccate sempre le briciole anche perché anche noi abbiamo la questione meridionale, che non è fatta dei soliti ingredienti, spesso stupidi, ma dallo squilibrio, in ambito… nordista, di potere e capacità decisionali, a favore di generali, colonnelli e truppe di centrodestra dell’armata a Sud del lago di Varese.
Noi veri Brancaleone abbiano cannato – si può dire così, il vocabolario della lingua italiana lo consente – tutti i progetti che abbiamo messo in cantiere: un esempio a portata di mano, ecco infatti che a maggio si vota per il rinnovo del Consiglio comunale e allora dopo sessant’anni di discussioni e progetti andati in fumo per esempio si mette mano al teatro. Ognuno di noi deve fare il suo mestiere, non posso insegnare a Galimberti come si fa il sindaco, ma avendo fatto per cinquant’anni la cronaca di tanti fallimenti, subito gli suggerisco di stendere un piano di rilancio fattibile, con le cifre per la spesa accanto a ogni voce. Il consiglio vale anche per il candidato di centrodestra.
Le primarie hanno fatto chiarezza sul candidato, ma hanno anche detto che pure a sinistra ci sono idealità che si trasformano poi in contrapposizioni.
Marantelli battuto è anche e soprattutto una sconfitta renziana, di una dirigenza lontana dalle vere questioni cittadine e dagli uomini che qui da noi le affrontano. Comunque al momento stanno peggio quelli di fronte, almeno a Varese: senza leader e con tante bocche da sfamare dopo anni di buone abitudini.
Le primarie sono una forma di rispetto autentico della democrazia. Che il Pd, assieme a Varese 2.0, ci abbia provato è veramente un segno di maturità, di voglia di cambiare. Senza le primarie dalla Lega di Salvini sono arrivati altri segnali, i ciellini stanno facendo corsi di nuoto e pesca subacquea nel tentativo di presentarsi lavati e credibili. I più disperati sono gli azzurri: guardano angosciati il Milan che affonda.
Se il nonno non è capace nemmeno di aggiustare il suo giocattolo c’è da preoccuparsi e molto.
A proposito di nonni, di colleghi o quasi d’età, cioè di Marantelli. Caro Daniele hai preso una bella sportellata, davvero inattesa, non hanno capito quanto avresti lasciato per aiutare la città, ma la botta faceva parte della corsa, non è stata una scorrettezza.
E da deputato ritorna in pista a Varese. Il cambiamento iniziato con le primarie avrà sempre bisogno della tua esperienza, del tuo esempio, della tua pulizia morale.
Te lo dico da vecchio conservatore.
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