Che cosa vorrà fare da grande il sìndich Attilio? Tornerà a esercitare l’avvocatura nella sua, e nostra, città oppure, perseguendo il soddisfacimento di una giusta ambizione politica, approderà anch’egli nella “Roma ladrona”, magari dalle parti di Palazzo Madama?
È da pensare che, in cuor suo, il sìndich coltivi più il secondo obiettivo del primo. In fin dei conti, ciò rappresenterebbe la meritoria conclusione di una scalata cominciata anni addietro con la conquista del primo seggio del comune di Induno Olona, proseguita al Pirellone nell’empireo della presidenza del consiglio regionale, fermatasi – per ora – al piano nobile di Palazzo Estense, complici anche le non eccelse performance del suo predecessore leghista.
In questo percorso – ma potremmo sbagliare – si sono indirizzate alcune recenti scelte del “nostro” sindaco, tra cui le ultime critiche prese di posizione nei confronti del Tricolore, del Risorgimento e di Varese garibaldina. Sono stati probabilmente interventi funzionali per tacitare l’anima secessionistica della Lega, mai del tutto sopita, ma però poco graditi in una Varese antica e dei “salotti bene”, dai quali, in fondo, l’Attilio non è mai stato lontano e nei quali, qualora ci si dovesse incamminare con un diverso meccanismo elettorale, egli potrebbe incontrare difficoltà.
E non sono questi gli unici ostacoli. Il più importante è che per il Parlamento si andrà a votare – sempreché nel frattempo non succeda nulla ma proprio nulla – tra circa un anno, cioè nel bel mezzo della seconda “amministrazione Fontana” a Palazzo Estense. Quattro anni fa, il grande capo della Lega Umberto Bossi fece digerire ai varesotti un passaggio rapido dell’amico Marco Reguzzoni, da Villa Recalcati alla sede romana, per di più in compagnia di Berlusconi. Non è detto – anzi è poco probabile – che lo stesso movimento venga ripetuto. E a maggior ragione a sostegno di un personaggio che, tra Bossi e Maroni, ha scelto il secondo.
Si ha un bel dire che la Lega è unita e che tutti brindano insieme alle magnifiche sorti e progressive: le notti dei lunghi coltelli sul Carroccio, infatti, sono appena iniziate. Bobo Maroni e Attilio Fontana sono due soggetti che, nelle stanze della Lega, sanno indossare bene il doppiopetto (che si addice meglio a Fontana, più alto), ancorché con la pochette verde bottiglia. Vale a dire che, entrambi, fanno di un certo qual moderatismo la loro griffe. Provengono tutti e due dalla stessa fucina umanistica e risorgimentale, che è stato il liceo “Cairoli”, hanno molte amicizie comuni, hanno svolto la medesima professione legale e vantano un’ottima cultura. Di Maroni, addirittura, si dice che sapesse agevolmente tradurre dal greco al latino. Si può pensare, dunque, con quale sospetto essi guardino a “colleghi” che a fatica e dopo vari tentativi sono stati espulsi dalla scuola media superiore. Tuttavia, ed è qui che arrivano le dolenti note, per compiacere alla plebe vociante talvolta devono indossare il copricapo vichingo e bere l’acqua del Po, non sempre potabile.
Bobo Maroni, di recente, nella sua intemerata contro il cerchio magico bossiano ha detto: “Posso io (ndr, varesino) essere invidioso di uno di Busto Arsizio (ndr, Marco Reguzzoni)?”. Allo stesso modo in cui, una volta, Bossi avrebbe potuto dire: “Posso io di Cassano Magnago essere invidioso di un terrone?”. A ben vedere non è stata un’uscita felice. Quelli di Busto, che sono più a Sud, e che hanno la memoria lunga, non dimenticano. Così come quelli del Cerchio, tra i quali anche Renzino-il Trota, possono essersela legata al dito. Maroni, d’altra parte, non ha ancora esplicitato con chiarezza quali saranno le mosse sue e degli amici quando l’Umberto appenderà le ampolle al chiodo. Ma dovrà farlo a breve. Per adesso l’ex ministro dell’Interno, sul web, ha coniato per sé e per i seguaci l’appellativo di “barbari sognanti”. C’è in questa locuzione un che di vago e di letterario che ha poco da spartire con i “vaffa” del vecchio e stanco leader.
Chissà se il “nostro” Attilio si identifica anch’egli in un “barbaro sognante”. Il futuro, a onore della verità, è molto incerto. Per sua cautela e serenità un buon consiglio sarebbe quello di tornare a frequentare più spesso il proprio studio di avvocato in Varese. Cosa che, magari, sarà poco “sognante”, ma di sicuro più legata a una sana concretezza bosina.
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