Egregio Direttore,
mi è stata comunicata la lettera circolare, datata 10 dicembre 2015, a firma della Prof.a Nicoletta Pizzato, Dirigente scolastico dell’I.S.I.S.S. “F. Daverio – N. Casula” di Varese, con la quale si comunica il bando di “un concorso, aperto a tutti gli alunni, per intitolare il suddetto Istituto alla memoria di una persona deceduta da almeno 10 anni che, per meriti culturali, morali e comportamentali abbia contribuito con la sua opera a testimoniare, qualificare e dare prestigio al nostro territorio”.
Si da il caso però che l’Istituto in parola non sia una scuola di recente creazione e in attesa di essere intitolata a qualche varesino illustre. L’intitolazione infatti ce l’ha già da tempo, anzi si fregia di due nomi, che furono scelti proprio per le loro caratteristiche. Le quali, evidentemente, da chi ha indetto il concorso per “un nome nuovo” da dare all’Istituto, sono considerate del tutto prive ormai di rilevanza culturale, storica e civile.
Ma è proprio così? Vediamo allora chi erano i due personaggi ricordati nell’intitolazione dell’Istituto.
Il primo è Francesco Daverio, giovane ingegnere varesino nato a Calcinate del Pesce duecento anni fa e colpito a morte mentre combatteva per la Repubblica romana del 1849. Il secondo è quello di Nuccia Casula, studentessa del Liceo Cairoli, morta come staffetta partigiana a 22 anni durante la lotta di liberazione dal nazifascismo, a quasi cento anni di distanza dal sacrificio di Daverio.
Due giovani quindi che lottarono e si sacrificarono per i valori di libertà e di democrazia presenti sia nel Risorgimento nazionale, che nel 1861 portò alla nascita dello Stato italiano, sia nella Lotta di liberazione, che nel 1945 si concluse con la nascita della Repubblica italiana.
Un binomio, come si vede, quello di Daverio e Casula, che ricorda a tutti noi il nesso esistente fra la Costituzione della Repubblica romana del 1849 (la più democratica fra le carte elaborate durante la stagione risorgimentale) e la Costituzione della Repubblica italiana del 1948, che è tuttora alla base della nostra convivenza civile.
Ma allora, perché li si vuole sostituire con un nome nuovo?
Ho l’impressione che, a furia di parlare di cambiamenti da introdurre (e chissà quanti ne occorrono per uscire dalla crisi in cui da anni ci dibattiamo!), più di qualcuno si sia convinto che l’innovazione possa procedere più speditamente cambiando il nome di qualche scuola.
Come dimostra il caso qui citato, non solo ciò non basta, ma è anche possibile che proseguendo in questa direzione si peggiori la situazione. Specie in campo scolastico dove è in gioco la formazione culturale e civile delle generazioni.
Se c’è infatti un compito proprio delle istituzioni culturali, esso consiste nel mantenere vivi e diffusi fra i cittadini i valori che sono, e devono stare, alla base della convivenza civile.
Quanto alle scuole in particolare, poi, è in testa alla loro missione il compito di stabilire i ponti tra le generazioni, creando una memoria condivisa dei grandi processi e dei grandi momenti (e il Risorgimento e la Lotta di liberazione lo sono certamente!) che hanno segnato maggiormente il cammino del paese nella storia del mondo. Senza una tale memoria si cessa di essere una nazione con una propria fisionomia, una società coesa, solidale, capace di costruire un destino comune.
Mi auguro che da questo episodio si tragga spunto per una riflessione collettiva e si giunga a decisioni più meditate di quelle fin qui assunte.
Carlo G. Lacaita
Comitato varesino per la Storia del Risorgimento
Istituto varesino per la Storia dell’Italia contemporanea “L. Ambrosoli”
Già ordinario di Storia contemporanea – Università degli studi di Milano
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