Lo stato maggiore della Lega Nord sembra ormai ridotto allo stato peggiore, anche se la parata di domenica a Piazza Duomo, con i gerarchi sovieticamente schierati sul palco, mirava a far credere che va tutto per il Miglio. Sui conflitti al vertice La Padania tace, sperando di far credere alla base che in alto e in basso regna sovrana la concordia. In realtà, a guardare le cose a fondo, si dice concordia ma s’intende Concordia.
Se La Padania tace, non si tace nelle sedi periferiche e nei circolini, dove le divisioni si vanno moltiplicando. Una volta c’era la Lega dei duri e puri, con un solo capo, l’Umberto. Adesso c’è una miriade di capi, sottocapi e capetti, tutti d’accordo nel pensarla diversamente. Ci sono i filoberlusconiani del Cerchio Magico, con Reguzzoni, Cota, Bricolo, Rosi Mauro e pochi altri, i rampanti filocongressisti del clan Maroni (quelli che l’han giurata a Berlusconi non a Pontida), con al seguito i barbari sognatori, il sindaco di Varese (Fontana) e di Verona (Tosi), il ruvido milanese Salvini e molti altri. C’è poi il celta Borghezio che fa gruppo e volume a sé e, infine, il bergamasco Calderoli che per non far torto a nessuno si divide tra Cerchio Magico e maroniani, a giorni alterni.
Insomma il movimento si muove eccome, e Bossi, per quanto ridimensionato, non demorde, alza il pugno e facendo la faccia feroce intima a Silvio: “O fai cadere l’infame governo Monti o faccio cadere la Regione Lombardia!”. Formigoni ha tremato, ma più di lui ha tremato il Trota. Se crolla il Pirellone gli toccherà mettersi a lavorare. Per sua fortuna c’è papà, che si è subito precipitato ad Arcore per un bocca a bocca col Cavaliere. Un bacio ha suggellato l’incontro. Conclusione: salvo Monti, salvo Formigoni e, quel che più conta, salvo il Trota. “I figli so’ piezz’e core”.
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