Le elezioni primarie sono già state collaudate in altre città e, anche se a volte per obiettivi diversi, si sono rivelate utili alle comunità che credono in un rinnovamento.
Le elezioni primarie indette dal Partito Democratico e da Varese 2.0 per scegliere il candidato a sindaco anche da noi si presentano come iniziativa preziosa, per tre ragioni fondamentali.
La prima: nell’area progressista di Varese, città che non era sfuggita alla depressione della politica nazionale, la scelta e l’organizzazione delle primarie per indicare l’aspirante nuovo sindaco hanno ridato slancio e idee, voglia di combattere per presentare alla intera comunità opportunità e traguardi nuovi.
Secondo motivo: esse sono, dopo molto tempo, un concreto ed efficace strumento di partecipazione popolare alla costruzione della macchina amministrativa che guiderà i cittadini per i prossimi cinque anni. In passato era sembrato che potessero essere utili i Consigli di circoscrizione, in realtà i rappresentanti al loro interno divennero gli ultimi di ogni partito nella lunga “fraternità degli umiliati”, dei serventi al pezzo dicono gli artiglieri. I Consigli di circoscrizione non ci sono più, ma ancora oggi continuano a essere separati in casa i consiglieri regionali per i deputati, quelli comunali per i regionali. Va loro bene se qualche volta i sottoposti vengono presi in considerazione: roba da la strada dei miracoli.
Il terzo pilastro delle primarie: si tratta di un sostanziale rinnovamento che in particolare nel nostro territorio scuote anche la legione degli elettori di Centrodestra trattati sempre come sessant’anni fa, quando le candidature e le liste piovevano dall’alto ed erano sempre motivo di sorprese, di delusioni se non di amarezze.
Gli azzurri, se non mi tradisce la memoria, in due distinte elezioni politiche una volta a Luino e l’altra a Saronno dovettero votare per eleggere due preoccupati collaboratori di Berlusconi che con la nostra realtà e i nostri problemi nulla avevano a che fare. A Varese alle 19 tutto era pronto per annunciare candidato sindaco Beppe Bonomi, oggi a Palazzo Lombardia amministratore dell’intera Lombardia, alle 19,15 probabilmente da casa Bossi venne imposto Fumagalli.
Oggi Lega e Azzurri hanno iniziato le liti di prammatica mentre i cattolici sembrano impegnati a studiare la storia, maestra di vita, del mitico 1948, quando Guareschi ricordava ai comunisti filosovietici che nella cabina elettorale “Dio ti vede, Stalin no”. Da parte sua il Pci, degno per intuito, analisi e contenuto dei migliori odierni televisivi masterchef, con un solo magistrale termine aveva ben definito il mito dell’intero clan democristiano: forchettoni.
Le primarie del centrosinistra hanno dunque portato trasparenza e freschezza nella tornata elettorale del maggio 2016, certamente con il metodo ma anche con un ventaglio di candidati ricchi di capacità lavorativa che viene da una buona preparazione di base o da un servizio più o meno lungo ma sicuramente ampiamente noto alla comunità.
Un servizio che si presenta rassicurante in termini di conoscenza dei problemi cittadini e anche della capacità di dare loro una soluzione.
In questo progetto di primarie si uniscono due maturità: quella politica di un partito che non vuole sovvertire il trend tradizionale di una città che nella sua secolare scala di valori privilegiando sempre l’attività lavorativa ha finito per trascurare dettagli complementari sì ma di spessore insostituibile per poli di primo piano che vanno dalla sicurezza alla vivibilità,dalla cultura e dall’Università all’ambiente, dallo sviluppo urbanistico alla reti viarie, dai servizi per la salute alla promozione e alla difesa dell’istituzione base, l’ospedale.
Come cittadino ammiro la svolta dei progressisti, più importante di quanto si possa immaginare anche perché è supportata da un desiderio di riscossa e da una forza di volontà che può essere rampa di lancio di qualsiasi impresa.
Siamo in presenza di una iniziativa che vuole andare lontano, che antepone i problemi di casa nostra alle disquisizioni, le questioni di principio ai diritti presunti, le conoscenze incomplete ai problemi culturali e storici che portano alla deriva i dibattiti televisivi. E che hanno fatto dire a un documentatissimo studioso che oggi il problema della scuola non è il presepio, ma l’ignoranza.
I Flintstones della attuale maggioranza politica locale teoricamente hanno ancora il tempo di proporre anche loro positivi impulsi all’odierna realtà varesina. E se prende la voglia della clava a qualche loro “nostalgico” che hanno attorno ancora perché al servizio di padroni delle ferriere, procedano a un rapido isolamento. È tutta gente che sparirebbe se oltre alle primarie per il sindaco ci fossero anche quelle per il Consiglio.
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