Massimo Lazzaroni, anima del festival di cortometraggi Cortisonici, racconta in quattro “scene da film” la sua amicizia con Dino De Simone.
Scena 1, Deserto Siriano, esterno giorno. 2008
Sole a picco estivo, un caldo insostenibile. Il tassista ci lascia nel nulla e ci indica una collina brulla e un sentiero. Un’oretta di faticoso cammino e raggiungiamo Mar Musa, comunità monastica cattolica di rito siriaco a 80 chilometri da Damasco. Uno dei tanti viaggi fatti con Dino ed altri amici, ma questo ha qualcosa di speciale e magico. Siamo accolti da Padre Paolo Dall’Oglio, un gesuita fortemente impegnato nel dialogo interreligioso con il mondo islamico. Restiamo lì per una settimana, vivendo i loro tempi, condividendo cibo, libri, racconti. Alle 22 spengono le luci, si discute di tutto sotto quel cielo magico che solo chi è stato nel deserto conosce. Dino ci indica divertito diverse costellazioni (sulla reale esistenza delle quali ho sempre nutrito alcuni dubbi).
Scena 2, Udine, Festival del Cinema dell’estremo Oriente. Interno notte.
Ci siamo appena sorbiti un film horror indonesiano, che culmina con un bizzarro e ridicolo esorcismo. Mentre ridiamo della follia appena vista, si avvicina al nostro tavolo un pazzo fanatico: “Non scherzate, queste sono cose molto serie”. Dino non svicola, anzi: intavola un’approfondita discussione con questo personaggio surreale. Nel frattempo io, divertito e un po’ preoccupato, mi bevo altre due birrette.
Scena 3, Barasso, interno sera.
Sono tra il pubblico di uno spettacolo teatrale di fine corso, “Romeo e Giulietta”. Tra gli attori, assolutamente “in parte” nei panni di Frate Lorenzo, trovo Dino. Si agita, urla, si muove con la solita veemenza. Non è personaggio principale, ma quando è sulla scena catalizza l’attenzione di noi spettatori.
Scena 4, finale, interno di casa De Simone, marzo 2015.
Dino ci ha invitato a bere una birra con altri amici, alcuni li conosco, altri no. Dino, con in braccio il piccolissimo Alessandro, ci annuncia che, insomma, dopo lunghe e attente riflessioni… vorrebbe candidarsi per le primarie come Sindaco di Varese. Ci chiede una mano e la cosa suona bene più o meno a tutti. Ovviamente una pazzia, quindi perché non provarci?
La domanda che mi sono sempre posto è: come fanno a stare insieme queste quattro anime, ed altre innumerevoli che caratterizzano Dino? Come fa a tenerle insieme, e a salvarsi dalla schizofrenia, ad avere così tanta energia per viverle tutte con presenza e costanza? Credo che la sua sia soprattutto una passione smisurata per le cose che fa, e altrettanta curiosità per le persone e per le loro storie. Che sia un gesuita nel deserto, un fanatico, il proprio figlio, un collega, Dino mi è sempre sembrato interessato a capire, a comprendere e dialogare con le persone che si trova davanti. Raramente a giudicarle, nonostante le bizzarria e la stranezza delle situazioni in cui spesso noi amici l’abbiamo cacciato.
Curiosità e passione per il confronto, non per il giudizio. Mi sembrano belle qualità per uno che vuole fare il Sindaco della mia città. Forse per questo quella sera è stato facile per tutti noi dire: “Ok Dino, una mano te la diamo”. Ed eccoci qui.
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