La qualità della vita di un paese nasce dall’incontro e dal confronto di energie che, collaborando, diventano sinergiche, uniscono e rafforzano le loro potenzialità per raggiungere obiettivi che devono essere chiari, devono cioè sollecitare le necessità e i bisogni della gente, indipendentemente da varie forme di rifiuto o di qualunquismo.
Viviamo un’epoca che ha rapidamente accolto e fatto propri i valori della società tecnologica, ma si è completamente dimenticata che la condizione umana era e resta la base sulla quale appoggiare vari aspetti ed elementi del progresso. In molti casi usiamo il progresso, ma ne diventiamo vittime, perché non ne sappiamo gestire l’essenza e le finalità.
C’è gente che usa la macchina, la moto, la voce, la parola, lo scooter e il telefonino come se si trattasse di strumenti con i quali sfogare la propria energia repressa o le proprie frustrazioni. Tutto ciò evidenzia uno scollamento delle agenzie formative deputate al passaggio di una corretta comunicazione educativa sul progresso stesso, si ha infatti la netta sensazione che ciascuno vada per la propria strada e che siano venute a mancare la spinte motivazionali, funzionali, educazionali e relazionali. Un eccesso di individualismo porta alla graduale frantumazione dei valori societari, cioè di quei valori che formano la piattaforma educante sulla quale la società costruisce la propria esistenza quotidiana.
I cittadini e le istituzioni vivono situazioni del tutto anomale che hanno ricadute negative sul mondo giovanile, alle prese con i suoi processi di identificazione, di appropriazione e di maturazione. I giovani, in questo particolare momento, hanno bisogno di avere idee chiare, ma perché ciò avvenga è necessario che il mondo adulto comprenda l’importanza di finalizzare il progresso e di essere convergente rispetto alle linee guida da adottare e agli obiettivi da raggiungere. I cittadini devono essere messi nella condizione di capire, dialogare, di riappropriarsi del loro ruolo educante, del loro essere esempi credibili.
Sulle nostre strade interne e su quelle statali e provinciali assistiamo quotidianamente all’uso sconsiderato di macchine, moto, scooter, bici e di altri mezzi motorizzati. Queste provocazioni evidenziano stati di profondo disagio. Di solito alla base di comportamenti trasgressivi ci sono situazioni di malessere che trovano una loro forma di rivalsa sulla società grazie agli strumenti del progresso.
La frustrazione può avere origini diverse, può essere una componente caratteriale della persona, frutto di situazioni di disagio familiare, scolastico, di difficoltà legate alla crescita, di carenze di tipo affettivo, di una assoluta mancanza di filtri educativi o altro. Resta comunque il fatto che all’origine non c’è stata un’adeguata educazione alla finalità. Cosa si può fare per ovviare a queste mancanze? Bisogna che i rappresentanti della massime istituzioni educative s’interroghino su come affrontare il fenomeno, ricercando linee d’intervento comuni.
Di solito le situazioni diventano pesanti e pericolose quando vengono sottaciute, quando per molto tempo si fa finta di niente, sperando che i fenomeni si dissolvano da soli, quando si usa l’omertà per coprire responsabilità di vario ordine e grado o quando non si ha la percezione esatta dei fenomeni o dei segni che denotano situazioni di disagio. Chi sono i rappresentanti delle massime agenzie educative? Sono le figure rappresentative del sistema e i cittadini. L’impegno educativo deve essere di tutti, perché tutti prendano coscienza dei bisogni e delle necessità del paese in cui viviamo. Prendere coscienza è il primo passo e non bisogna cadere nella difesa omertosa, quella secondo la quale è impossibile che il proprio paese possa avere dei problemi, perché è il migliore dei paesi possibili. In questi anni di individualismo sfrenato si è persa di vista la globalità dei problemi e ciascuno procede secondo logiche esistenziali proprie o di gruppi ristretti, creando a sua insaputa piccole lobby, con tutti i difetti e i problemi delle lobby, come pensare e credere che il proprio modo di pensare e di agire sia il migliore, che la propria intelligenza sia superiore a quella degli altri e così via, fino ad arrivare a coloro che si sentono i padroni del paese perché appartengono alla cerchia ristretta dell’autorità di turno.
L’analisi deve essere razionale, equilibrata, decisa, collaborativa, propositiva, non deve lasciare spazio a varie forme di protezionismo ipocrita. Se il problema esiste bisogna correggerlo e la correzione deve emergere da un confronto dinamico e costante. Quali potrebbero essere gli obiettivi comuni e condivisi dalle massime agenzie formative del paese? Credo che alla base di tutto ci debba essere il rispetto. Le persone devono imparare a capire che la vita esige rispetto. Senza il rispetto non si va da nessuna parte. Un paese che non adotta il rispetto come forma di relazione comunitaria è destinato a diventare preda della violenza, della prevaricazione, dell’arbitrarietà e dell’anarchia. Il rispetto verso se stessi, il rispetto verso la persona, il rispetto verso le cose, il rispetto verso l’ambiente, il rispetto verso i luoghi sacri, sono tutte forme di rispetto necessarie per costruire una comunità unita, civile, forte, rispettata e amata.
Sul rispetto si può costruire una bellissima carta educativa che tocchi tutte le direzioni della vita comunitaria. Essere convergenti è essere d’accordo su come gestire l’impegno educativo comune.
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