Sul finire degli anni ’30 e ancora nei primi anni di guerra, Bonhoeffer intensifica la sua attività tra le fila dell’opposizione al nazismo. Viaggia più volte all’estero, dove fa da ambasciatore della Chiesa confessante, e in patria, dove coordina la formazione teologica e politica di alcuni nuclei clandestini. La sua attività è nota alla Gestapo. Le restrizioni alla sua libertà diventano sempre più forti; ma, almeno fino a che la guerra non prende una brutta piega per la Germania hitleriana, la dittatura preferisce non procedere a misure detentive. Bonhoeffer sa cosa lo attende e se ne assume i rischi.
Il 5 aprile 1943 una stretta repressiva si abbatte sui cospiratori legati all’ammiraglio Canaris. Bonhoeffer viene incarcerato a Tegel, alla periferia di Berlino. Dall’agosto del 1944 la situazione detentiva peggiora; l’epistolario con i familiari e con la fidanzata si dirada per concludersi nel febbraio successivo. Condotto in tutta fretta in Baviera, Bonhoeffer muore per impiccagione nel lager di Flossenburg all’alba del 9 aprile.
La sua opera più nota, Resistenza e resa, è in realtà una raccolta postuma, frutto della fortunata scelta editorialedi raccogliere in volume l’epistolario intercorso dopo l’arresto tra Bonhoeffer e alcuni parenti: i genitori, il fratello, il nipote, la nipote Renate e soprattutto con il marito di lei, il suo intimo amico Eberhard Bethge. Altri scambi epistolari, in particolare quello con la fidanzata Maria, sono stati pubblicati separatamente. La seconda edizione tedesca, nonché l’unica italiana, associa alle lettere altri materiali: un testo scritto per gli amici in occasione del Natale 1942, dove Bonhoeffer traccia un bilancio degli ultimi dieci anni; alcuni sermoni; appunti; un rapporto sulla sua detenzione; il progetto di un libro; varie poesie; un racconto; due testamenti.
Come in ogni epistolario dal carcere, prevale lo scambio reciproco di informazioni e conforto. Ma molte lettere e gli altri materiali raccolti nel volume rispondono all’intenzione di Bonhoeffer di fissare su carta le sue riflessioni filosofiche, teologiche e politiche: un lascito a futura memoria, se le cose si fossero messe male; un promemoria per sé, per avere quanto gli sarebbe bastato, una volta libero, per fissare e sviluppare le riflessioni carcerarie in un vero e proprio libro.
L’opera non fu mai composta, ma grazie a Bethge è stato salvato quanto basta per capire le tesi essenziali che Bonhoeffer avrebbe voluto sviluppare. Il titolo scelto per la raccolta nasce da un passo di una lettera del 21 febbraio 1944. «Mi sono chiesto spesse volte dove passi il confine tra la necessaria resistenza e l’altrettanto necessaria resa davanti al “destino”. Don Chisciotte è il simbolo della resistenza portata avanti fino al nonsenso, anzi alla follia … La resistenza alla fine perde il suo significato reale e si dissolve in una sfera teorico-fantastica. Sancho Panza è il rappresentante di quanti si adattano, paghi e con furbizia, a ciò che è dato … Dobbiamo affrontare decisamente il “destino” … e sottometterci ad esso al momento opportuno … I limiti tra resistenza e resa non si possono determinare sul piano dei princìpi; l’una e l’altra devono essere presenti e assunte con decisione. La fede esige questo agire mobile e vivo. Solo così possiamo affrontare e rendere feconda la situazione che di volta in volta si presenta».
Questo filo attraversa tutti gli scritti di Resistenza e resa. Nel testo del Natale 1942, edito come prologo, cogliamo la serenità d’animo di Bonhoeffer al momento dell’arresto e della carcerazione nel quartiere berlinese di Tegel. Egli è contento di sé, per non essersi sottratto alle responsabilità poste dalla storia. «Attendere inattivi e restare ottusamente alla finestra non sono atteggiamenti cristiani». «Essendo il tempo il bene più prezioso che ci sia dato, perché il meno recuperabile, l’idea del tempo eventualmente perduto provoca in noi una costante inquietudine. Perduto sarebbe il tempo in cui non avessimo vissuto da uomini, non avessimo fatto delle esperienze, non avessimo imparato, operato, goduto, sofferto. Tempo perduto è il tempo non pieno, il tempo vuoto. Tali certamente non sono stati gli anni trascorsi». A chiusura del volume, ci imbattiamo nel finale dell’ultima lettera inviata a Maria il 19 dicembre 1944. «Tu non devi pensare che io sia infelice. Che cos’è la felicità, e che cos’è l’infelicità? La risposta dipende poco dalle circostanze; dipende in verità solo da ciò che avviene dentro a una persona. Io sono grato, ogni giorno, di avere te, e ciò mi rende felice».
Il brano più intenso del libro si trova in una lettera all’amico Betghe del 21 maggio 1944. Il giorno prima Bonhoeffer ha ascoltato, nella chiesa del carcere, una composizione per organo e voce. Da quel momento, «l’immagine della polifonia continua a perseguitarmi. Quando oggi ho avvertito un po’ di dolore per non essere con voi, non ho potuto fare a meno di pensare che anche il dolore e la gioia appartengono alla polifonia della vita e possono sussistere autonomamente l’uno a fianco all’altra». Nella tradizione polifonica il tema musicale originario si modula in continue sovrapposizioni e variazioni. Il primo, il cantus firmus, è Dio stesso; le seconde costituiscono le esperienze individuali di Dio nel mondo.
Sei giorni dopo, nel pieno di un allarme aereo, Bonhoeffer sviluppa un’ulteriore riflessione. Preservare la polifonia della vita consente di preservarne l’essenza anche nelle circostanze più estreme. «Qui osservo continuamente come siano pochi gli uomini capaci di albergare in se stessi molte cose contemporaneamente. Quando arrivano gli aeroplani, sono solo paura; quando c’è qualcosa di buono da mangiare, sono solo fame; quando un loro desiderio non si realizza, sono solo disperati; quando qualcosa gli riesce, non sono più capaci di vedere nient’altro. Essi non colgono la pienezza della vita e la totalità di un’esistenza autentica; tutto ciò che è obiettivo e tutto ciò che è soggettivo si risolve per loro in frammenti. All’opposto, il cristianesimo ci pone continuamente in molte dimensioni diverse della vita; noi alberghiamo in certa misura Dio e il mondo intero in noi. Piangiamo con chi piange e contemporaneamente gioiamo con chi è felice; ci preoccupiamo (sono stato nuovamente interrotto dall’allarme e ora me ne sto all’aperto a godermi il sole) della nostra vita, ma dobbiamo contemporaneamente avere dei pensieri che per noi sono più importanti di essa. Nella misura in cui ad esempio nel corso di un allarme veniamo spinti in una direzione diversa da quella della preoccupazione per la nostra sicurezza personale, cioè ad esempio nell’impegno di diffondere tranquillità intorno a noi, la situazione diventa completamente diversa; la vita non viene ridotta a una sola dimensione, ma resta pluridimensionale-polifonica. Quale liberazione è poter pensare e conservare nel pensiero la pluridimensionalità!».
Ad una delle ultime lettere, il 21 luglio 1944, Bonhoeffer allega una noticina che elenca quattro stazioni sulla via verso la libertà. «Nessuno apprende il segreto della libertà, se non attraverso la disciplina» dei sensi e dell’anima. «Solo nell’azione è la libertà»: non bisogna fare ed osare una cosa qualsiasi, ma il giusto; non bisogna ondeggiare nelle possibilità, ma afferrare coraggiosamente il reale ed entrare senza esitazioni nella tempesta degli eventi. Qualunque sofferenza ha il suo compimento in Dio. La suprema libertà è data dalla morte. «Libertà, a lungo ti cercammo nella disciplina, nell’azione e nella sofferenza. Morendo, te riconosciamo ora nel volto di Dio». La fede, si legge altrove, non deve fuggire il mondo, ma sopportarlo, amarlo e restargli fedele nonostante tutta la sofferenza che contiene e che ci arreca. «Io temo che i cristiani che stanno sulla terra con un solo piede, staranno con un solo piede anche in paradiso».
È entro questa cornice che le grandi svolte teologiche proposte da Resistenza e resa vengono emergendo: due, in particolare, il rifiuto di un «Dio tappabuchi» e l’avvento di un «cristianesimo non religioso». Di esse diremo nell’ultimo dei tre articoli dedicati al magistero umano e filosofico di Bonhoeffer.
Seconda puntata. La prima è stata pubblicata il 20.11.15
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