In tempi di primarie, primaria attenzione deve essere riservata al Piano di governo del territorio (Pgt), che prefigura il volto della città nell’immediato futuro. Riconsiderando a mente fredda le criticità contestate un anno fa alla Giunta leghista – al momento della definitiva approvazione dopo otto anni di travaglio, oltre 700.000 euro di spesa, 17 supertecnici esterni forestieri e 4 comunali per redigerlo – ci si accorge che il Pgt è uno specchietto per le allodole.
Parte infatti da proclami ambientalisti di “zero consumo di suolo” e mirabolanti promesse di tutela assoluta del verde, ma arriva a giustificare quasi 2,5 milioni di metri cubi di edificazione con la scusa delle cosiddette “aree di completamento” in zone edificate, in realtà aree “nude” e verdi; e accampando un’inesorabile necessità di ripopolamento della città.
Alla base c’è un singolare calcolo del fabbisogno edificatorio per presunti aumenti di popolazione, che comportano sia aumenti di abitazioni sia aumenti di servizi. L’espediente tecnico, a cui si sono piegati i redattori del Pgt, è quello di prevedere un aumento di popolazione nel periodo 2012-2025 in base al dato più favorevole dell’andamento demografico del decennio precedente 2001-2011, in cui la popolazione non ha fatto altro che diminuire tranne nell’anno 2004, quando l’anagrafe comunale è stata aggiornata ai risultati del Censimento 2001.
Nonostante si tratti di un dato anomalo e spurio per cause amministrative (ripetutesi nel 2013 rispetto al Censimento 2011), i super-tecnici esterni del Pgt lo prendono ottimisticamente per buono e come base della previsione futura, novelli Nostradamus. Non potevano farne a meno, perché altrimenti non si sarebbe giustificato nessun aumento volumetrico dell’edificazione futura. Eppure sarebbe bastato iniziare la previsione dall’anno 2004 in avanti (-306 abitanti all’anno), per avere una stima al 2025 di perdita di ulteriori 3.000 abitanti: in questo caso si sarebbero dovute abbattere le case, altro che costruirne di nuove!
Ma non solo, il calcolo è clamorosamente sballato anche perché non considera le abitazioni vuote, che ammontano a circa 3.500-4.000 (erano 3.066 nel 2001), e che quindi darebbero spazio ad altrettante famiglie, ossia a circa 7.500-8.000 abitanti data la dimensione media di 2,23 persone per nucleo familiare; il che saturerebbe qualunque ipotesi di aumento di popolazione.
Il calcolo ottimisticamente interessato prosegue col parametro dei mc per abitante, portati a 150, e quindi a 50 mq per abitante, come se per la famiglia media di 2,24 persone la casa media fosse grande 112 mq. Tutti ricchi a Varese, obbligo sociale leghista! Ed ecco che il calcolo finale degli abitanti ricchi porta a prevedere il fabbisogno di 749.288 mc di edilizia residenziale, tradotti nel Pgt in 838.405 mc residenziali (melius abundare! pag.148 del Documento di Piano).
Lo spirito leghistico-utopistico del Pgt prosegue nel Piano dei servizi, che riguarda le infrastrutture e i servizi pubblici per la collettività: asili nido e scuole primarie e secondarie, uffici pubblici, strutture culturali, sociali, religiose, verde attrezzato e impianti sportivi, parcheggi. Qui, pur riconoscendosi che la dotazione attuale da Ptg già supera il fabbisogno-base di 18 mq/abitante e approssima quello ottimale di 26,5 mq/abitante, l’offerta prevista viene innalzata a 35,85 mq/abitante, così da giustificare la realizzazione di ulteriori 891.510 mq di servizi, in gran parte infrastrutture di cemento e asfalto, con aumenti che nel caso dei parcheggi si avvicinano al 50% (pag. 64 del Piano dei servizi).
Ma poiché il Comune di Varese non ha soldi per raggiungere Germania e Svezia in questa nuova oasi del bengodi cittadino, nelle norme del Pgt si introduce la cosiddetta “perequazione” nelle zone edificabili (“Trasformazione”, “Completamento”, “Tessuto Urbano Consolidato Residenziale”). Dovrebbe significare il superamento egualitario della “rendita fondiaria”, ossia l’equiparazione tra i cittadini proprietari di aree edificabili e quelli di aree non edificabili, tra i cittadini gravati da vincoli di destinazione dei loro terreni a servizi pubblici e quelli liberi. Ma per come è realizzata nel Pgt, diventa l’espediente per scaricare sui cittadini i costi dei servizi pubblici, sostenibili per i grandi proprietari e molto meno per i piccoli: in parole povere, è l’obbligo per tutti i proprietari, grandi e piccoli, di cedere il terreno su cui devono essere realizzati i servizi pubblici, ricevendo in cambio non dei soldi ma dei cd. “diritti edificatori”, ossia degli incrementi di volumetria edificabile, da utilizzare direttamente o da vendere ad altri interessati a costruire. Ne deriverà comunque una maggiore edificazione di palazzi e villette (o di piani in più su quelli esistenti), che comporterà il pagamento di maggiori oneri di urbanizzazione, con i quali il Comune dovrebbe poter realizzare i maggiori servizi.
Un sistema furbo per ottenere tanto per il bene comune, pagando poco e niente? No, piuttosto il solito scambio tra mezzi e fini: gli elevatissimi standard di servizi pubblici fanno da foglia di fico, a giustificare quella maggiore volumetria di edificazione che era lo scopo recondito dei committenti leghisti (e forzitalioti) del Pgt. Con questo sistema, infatti, il Comune ha tutto l’interesse a moltiplicare le possibilità di edificazione pur di ottenere, a carico dei cittadini, i soldi per le infrastrutture pubbliche; e contemporaneamente sarà indotto a moltiplicare il fabbisogno di servizi pur di “abbellire”, e quindi giustificare, l’aumento di edificazione privata che consente la realizzazione di servizi pubblici, e così via in un giro vizioso all’infinito, che grava sulla città come attentato al verde e al paesaggio, ossia alla più grande ricchezza collettiva dei varesini.
Insomma, il Pgt appare come un gigantesco gioco di depistaggio urbanistico, volto a giustificare l’effettivo consumo di suolo con costruzione superflua di case a danno del verde che si pretende di voler tutelare, l’immaginaria creazione di servizi pubblici e l’ingannevole redistribuzione di rendita fondiaria.
Tutto il resto è fumo negli occhi, come le previsioni di grandi infrastrutture pubbliche, dal teatro in piazza Repubblica alle Stazioni unificate, al nuovo carcere; sino alla costosissima, dannosa e inutile tangenzialina sud-est via Gasparotto-viale Belforte, ben sostituibile dall’adeguamento della via Piana di Luco. Mentre non ci si preoccupa del calibro stradale, eccessivamente stretto nella gran parte delle strade cittadine, che – dopo aver fatto decadere il progetto trambus di mobilità pubblica privilegiata – oggi impedisce anche la realizzazione di piste ciclabili, soprattutto in zona centro, facendo fallire il bike-sharing e scoraggiando drasticamente l’uso della bicicletta da parte dei cittadini.
Si materializza invece come incubo urbano l’ossessione leghista per i parcheggi nei parchi pubblici, stoppati dalle opposizioni e dai comitati civici nella loro realizzazione pratica alla Prima Cappella, a Villa Mylius e a Villa Augusta ma tuttora previsti dal Pgt lega-forzista. Oppure scatta, come mannaia economica per il commercio di vicinato, la moltiplicazione o l’ingrandimento ulteriore di strutture di grande distribuzione.
Ce n’è abbastanza per motivare l’obbligo morale e politico, per chi si troverà ad amministrare il Comune dal 2016, di riprendere in mano il Pgt farlocco e ristrutturarlo completamente con una Variante Generale. Dovrà esserne perno la salvaguardia del verde, pubblico e privato, come caratteristica di Varese – Città dei Giardini, con privilegio per il recupero del tessuto edilizio senza consumo di suolo. Avendo anche il coraggio di rivedere in minus le volumetrie rispetto al Prg, e di ridurle o trasferirle anche per le aree dismesse, con obiettivi di densificazione e parziale verticalizzazione dell’edificato: non è infatti obbligo divino che dove ci sono i muri diroccati di ex cascine o grandi fabbriche si debba conservarne i volumi in eterno e attuarne la trasformazione residenziale o direzionale/commerciale, quando possono essere semplicemente abbattuti ripristinando il verde. Ricordando che dove mettere i metri cubi è ancora più importante di quanti metri cubi mettere.
Mentre la dimensione sociale dell’urbanistica può e deve essere sviluppata ripristinando l’edilizia convenzionata ed estendendo l’incentivazione coi “diritti edificatori” al calmieramento dei prezzi ed alla destinazione di quote di alloggi a fasce popolari meritevoli (giovani coppie in primis, ma anche anziani soli, disabili, studenti, lavoratori temporanei ecc.).
Perché il territorio deve essere governato, non giocato alla roulette per dissiparlo.
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