Ho conosciuto Daniele Zanzi durante l’ultima campagna elettorale, quella del 2011, quando molte donne varesine sognarono di potere avere un sindaco donna nella persona di Luisa Oprandi. Daniele condivise quel sogno e non esitò a schierarsi e a spendersi per quella possibilità. La sua scelta dimostrò, senza ombra di dubbi, quanto la parità uomo – donna non fosse per lui un’affermazione scontata bensì un valore da sostenere con un impegno concreto ed efficace. Del resto la concretezza è una delle sue caratteristiche peculiari. I problemi, grandi o piccoli che siano, li affronta senza esitare usando un linguaggio chiaro, diretto, trasparente. Tiene sempre in considerazione le ragioni degli altri dando prova di una notevole capacità di ascolto, una qualità sempre più rara nella convulsa stagione dei social. Esattamente il contrario di quanto ha fatto nella morente legislatura la Giunta Fontana, autoreferenziale al punto di essere sempre e comunque convinta della bontà delle proprie scelte peraltro quasi sempre smentite dai fatti. Mai disposta a mettersi in discussione e a dar voce ai cittadini sia nelle grandi come nelle piccole cose: dai faraonici progetti per Piazza Repubblica, all’endemico imbrattamento dei muri; dal chimerico parcheggio di Via Sempione alla manutenzione delle strade avviata, solo in parte per la verità con le elezioni ormai alle porte. Si potrebbero fare tanti altri esempi dai quali risulta che i varesini, nel loro insieme, sono stati trattati più da “sudditi” che da cittadini raziocinanti e pensanti. Insomma bisogna voltare pagina e inaugurare una stagione di ascolto, di condivisione e di scelte il più possibile partecipate, ovvero il sale della democrazia sostanziale.
Daniele Zanzi, agronomo internazionalmente riconosciuto, propone per Varese un destino verde, “la città in un giardino”. Dispone della necessaria professionalità, per salvaguardare, con quanti lo sosterranno, l’immenso patrimonio verde di Varese, quasi del tutto compromesso nel centro città ma ancora splendido e rigoglioso nei numerosi parchi pubblici e privati che pochi veramente conoscono. Chi partecipa alle sue visite guidate nelle ville storiche della città acquisisce una maggiore consapevolezza della vera ricchezza del capoluogo. Anzitutto per questa ragione non si può accettare l’abbattimento dell’ex Collegio Sant’ Ambrogio, gradevole quinta alberata al Monumento ai Caduti, né tanto meno la diffusione a macchia d’olio di ville e villette che divorano gli spazi ancora disponibili tra lago e Sacro Monte.
Due perle del nostro territorio in sofferenza: il primo per i noti problemi legati all’inquinamento, il secondo perché minacciato alle sue pendici da un parcheggio – alla Prima Cappella – devastante e costosissimo. Per tacere del Campo dei Fiori con il grande albergo liberty in decomposizione. Da questo profilo il programma di Varese 2.0 non teme confronti. Non li teme neppure per quanto riguarda la riorganizzazione, anche viabilistica, della città, pensata in un accurato studio (Semi di città); per le politiche sociali con la famiglia in primo piano, per la cultura, l’Università, l’efficienza della macchina comunale. Tutto questo avendo però come orizzonte di riferimento l’area vasta in cui Varese è inserita (37 comuni e 250 mila abitanti) con due ineludibili urgenze: la salvaguardia delle acque della Bevera minacciate dalle cave e il costante monitoraggio dei lavori dell’Arcisate –Stabio, il braccio ferroviario che garantirà – via Svizzera – un collegamento diretto con il centro e il Nord Europa.
Doriana Giudici Ex presidente Universauser Varese
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