Varese è città policentrica: la storia stessa radica il senso di appartenenza alla realtà vitale delle castellanze prima, dei rioni e quartieri poi. Quelle che in altre località possono essere purtroppo connotate come “periferie” e agglomerati destinati a marginalizzare urbanisticamente e socialmente le persone che in esse vivono, a Varese non esistono. È il pregio di questa città, la cui fisionomia è data dall’unificazione armonica di paesaggi urbani differenti nei tratti e nella tradizione abitativa. Il centro cittadino, da solo, non offre specificità che possano delineare il volto della varesinità dell’ambiente: ogni lettura in tal senso risulterebbe parziale. Il patrimonio architettonico locale è infatti dislocato in centro ma anche in diversi rioni: Santo Stefano a Bizzozero, San Cassiano a Velate, Sant’Imerio a Bosto, l’Oratorio della Schirannetta a Casbeno, la Madonnina in prato a Biumo inferiore, S. Giorgio a Biumo superiore, il Santuario dei Santi Fermo e Rustico a Penasca di San Fermo, Santa Maria del Monte e la Via Sacra.
Così come la tradizione industriale e produttiva cittadina ha lasciato tracce significative nell’ex Conciaria di Valle Olona, ora archeologia di pregio. In ogni rione si conservano le “case del popolo” e i circolini che, pur fedeli alla popolare semplicità che li ha caratterizzati, hanno saputo accompagnare il passare delle generazioni riplasmandosi in nuovi locali. I quartieri più recenti, sorti a partire proprio dall’esigenza di insediamenti abitativi in seguito all’immigrazione degli anni Sessanta e ai bisogni successivi, hanno acquistato negli anni i caratteri di una nuova residenzialità che affianca palazzi a ville ed abitazioni monofamiliari o di ridotte volumetrie. Ciò significa che i rioni cittadini hanno una storia ma anche un presente vivo.
Abitare in un quartiere significa anche avere l’opportunità di essere parte di una comunità e la maggioranza dei cittadini “appartiene” al rione nel quale abita, frequenta da studente o genitore la scuola, condivide eventualmente la dimensione parrocchiale, si riconosce nella familiarità dell’incontrarsi. Ogni politica urbana è chiamata pertanto a porre prioritaria attenzione a questo dato socio-ambientale che rende, a suo modo, particolare il volto della città. Interventi di riqualificazione nei quartieri corrispondono quindi a quelli di valorizzazione del centro. Opere di piantumazione, di ripristino di marciapiedi e strade, di illuminazione delle strisce pedonali e delle fermate dell’autobus, di incentivazione alla riapertura dei negozi di prossimità e alla collocazione dei mercati rionali, di riconversione delle aree dismesse, di controllo regolare dei posteggi selvaggi sono scelte di attenzione alle persone.
Il ripristino delle antiche vie di percorrenza, in più parti ancora esistenti ma soffocate dall’incuria e dall’abbandono, porterebbe a valorizzare la tradizione da un lato e la sostenibilità ambientale dall’altro: si incentiverebbero la conoscenza del territorio e la sua possibilità di attraversamento interamente a piedi, anche solo per una salubre camminata domenicale. La manutenzione del patrimonio artistico esistente, la sua collocazione all’interno di percorsi turistico-ambientali riconoscibili e identificabili, darebbe pregio e sostanziale incremento alla diffusione di un amore per quanto di prezioso la città offre e la cui evidenza, spesso, rappresenta un forte limite anche per i nativi e i residenti.
L’organizzazione di rassegne ed eventi negli spazi e nei teatri rionali offrirebbe un respiro diverso alla città stessa e difenderebbe da possibili e pretestuosi giudizi di marginalità attribuiti ad alcune zone. La cura del bello in ogni rione deve quindi diventare uno stile amministrativo: nel caso varesino si tratterebbe infatti di riconoscere il policentrismo proprio come caratteristica peculiare della città e volere una città bella davvero.
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