È evidente a molti varesini la inaccettabilità della attuale condizione organizzativa della nostra città. Da luogo desiderato dalla nobiltà milanese ed europea dal ‘600 alla metà dell’800, affascinata dalla vista dei laghi e del Monte Rosa, a territorio dominato dalle esigenze dell’automobile.
Se la città è stata ovunque nella sua storia luogo necessario di relazione, oggi è inciampo alla mobilità veicolare.
Dobbiamo proporci di ricostruire la città come luogo di relazione. Riconsiderando le tappe del suo cambiamento a partire dagli ultimi decenni dell’800, quando si affermava l’attrazione alberghiera di Villa Recalcati, diventata Hotel Excelsior e si diffondeva estesamente l’edificazione liberty, quando i grandi progetti alberghieri di Tito Molina e della ‘Grandi Alberghi’ di Milano realizzavano i grandi interventi del Palace Hotel e dell’Hotel Campo dei Fiori, alla vigilia della terribile guerra ’14-’18.
Nel 1923 il collegamento autostradale con Milano, sorprendente riconoscimento del nuovo ruolo dell’automobile. Poi l’elevazione a Capoluogo nel 1927 nell’ormai consolidato regime fascista e i nuovi segni urbani incentrati nella piazza Monte Grappa e nella Via delle Vittorie, oggi via XXV Aprile.
L’automobile si affermava, il centro urbano si adeguava nei limiti costruiti imposti dalla sua storia.
L’ultimo dopoguerra, a partire dagli anni ’50, assicurava ampia possibilità alle nuove edificazioni, dava per superata la rete delle tramvie ed estendeva la possibilità edificatoria alle ampie aree comprese fra le vie radiali storiche di accesso al nucleo cittadino. Gli abitati dei comuni circostanti venivano progressivamente interessati dalla ricerca di alternative abitative più convenienti rispetto agli insediamenti offerti in Varese.
Oggi constatiamo di fatto l’esistenza di una conurbazione che viene gestita con decisioni separate, per una comunità dispersa priva di una prospettiva, di un progetto comune di vita.
Ho avuto occasione di considerare in più occasioni con diverse riflessioni su RMFonline e in altre sedi che la situazione nella quale ci troviamo, va con urgenza affrontata. Anzitutto aprendo un dialogo serio fra le varie unità amministrative.
Si rileva con giusto apprezzamento che alcuni Comuni minori si propongono già un lodevole coordinamento amministrativo, non limitato ai problemi delle reti dei servizi. Ma ci si attende che l’iniziativa estesa alla realtà territoriale varesina, che secondo la società redattrice del PRG degli anni ’90 comprende più di 150 mila abitanti, venga assunta dal Capoluogo nel rispetto delle autonomie esistenti, con la definizione di un progetto comune per il nostro futuro; nella valorizzazione di questi nostri luoghi ricchi ancora di grande bellezza nonostante le offese subite; nel prefigurare un avvenire anche economico comune; nella relazione con il vicino Canton Ticino da cui siamo separati da 500 anni ma con prospettive necessariamente da condividere ancora oggi.
Frattanto dobbiamo cercare di ricostruire ovunque delle comunità che pongano come fondamento di vita le relazioni sociali, che oggi sono rese difficili particolarmente dalle pesanti interferenze provocate dalla mobilità veicolare.
Mentre si cerca correttamente di allontanare le correnti di traffico dai nuclei urbani, si fa ancora troppo poco per affrontare i problemi impellenti di difesa della pedonalità, di promozione di una ciclabilità che la rispetti, che sia a sua volta difesa dai veicoli.
È questa ricomposizione della città che si attende: che richiede una progettualità diffusa e dettagliata. Che moderi le velocità veicolari a 30 km orari negli abitati. Da tempo faccio rilevare che su viale Europa, viale panoramico, è incredibilmente consentita la velocità di 70 km orari. Con la vicinanza di due scuole per bambini e l’adiacenza del sagrato di una chiesa. Via Piero Chiara è addirittura priva di marciapiedi. Pochi giorni fa si è verificato un drammatico incidente.
Cosa si aspetta per cambiare i cartelli che segnalino un nuovo limite di velocità molto più contenuto?
You must be logged in to post a comment Login