Esagerazione - 1. ingrandimento, amplificazione, dilatazione, sproporzione, pop. gonfiatura accentuazione, esasperazione, forzatura, esaltazione, montatura, enfasi, iperbole; al contrario: diminuzione, riduzione. 2.dismisura, eccesso; enormità, sproposito, assurdità, follia; al contrario: attenuazione, moderazione, equilibrio.
So che è contro le regole del buon giornalismo assalire il lettore ponendogli tanti interrogativi, anche retorici. Per questo motivo le domande le ho spostate più avanti. Ma è stata notevole l’irritazione nei confronti della stampa locale che si è mossa rumorosamente nei giorni appena passati.
Altrettanto sgradevole è stato vedere una scuola della nostra città, una buona scuola, ben organizzata e attrezzata per i cambiamenti, un luogo dove si lavora e ci si impegna, finire con i suoi studenti e il suo corpo docente sotto i riflettori dei mass media. Qualche testata nazionale, qui accorsa, l’ha definita, esagerando, un modello. Per noi varesini addetti ai lavori del settore scuola, l’istituto cittadino “Daverio” è un’istituzione impegnata in numerose sperimentazioni, che registra buoni risultati in diversi campi tra cui quello dell’integrazione e dell’inclusione degli studenti stranieri.
Ebbene, questa scuola, nel giro di poche ore, è finita, addirittura, alla trasmissione “Porta a Porta”.
Veniamo a sapere, cioè a leggere, che è stata allertata la Digos; è stato interpellato il Prefetto, attivato il Direttore dell’Ufficio Scolastico Provinciale, sentiti gli esperti, intervistato il Sindaco.
Esagerazione, amplificazione, gonfiatura, come recita il dizionario?
Davvero era necessario parlarne per giorni interi, occupando tante pagine dei quotidiani locali, mettere un fatto di ordinaria quotidianità scolastica al centro di un’attenzione esasperata? Solo, e sottolineo solo, per un episodio di dissenso, composto, non violento, pertanto sostenibile, di un gruppo di studenti in occasione della commemorazione delle vittime degli attentati di Parigi?
Questa è la notizia.
I giornalisti, e quei politici che soffiano sul fuoco, lo sanno che a scuola ogni giorno succede qualcosa? Che la comunità scolastica è un corpo vivo e in continua relazione? Non è la prima volta che i docenti affrontano i fatti del giorno, dal terremoto alle stragi, dal disastro aereo alle orribili storie, anche vicine a noi, di violenze di gruppo o di soprusi domestici, per decodificarli e commentarli con i ragazzi.
I giovani vogliono sapere e capire, desiderano discutere, per assentire o per dissentire, e in ogni caso, il risultato è che così acquisiscono capacità critica e sperimentano la conoscenza del mondo reale. La scuola si apre al teatro, ai temi della Shoa, al magistrato antimafia, al partigiano che racconta la propria Resistenza, agli esperti di droghe e dipendenze, al volontariato. Perché fa parte dei doveri di chi educa presentare le vicende del mondo e analizzare le possibili chiavi di lettura. Dai tempi della vecchia e bistrattata educazione civica, i professori più attenti e sensibili hanno sempre aiutato i giovani a costruirsi gli strumenti di conoscenza del mondo.
E dunque, la notizia?
Un gruppo di ragazzi contesta la proposta del MIUR di un minuto di silenzio per le vittime di Parigi al termine di una conversazione in classe sui terribili eventi. Non accettano che il minuto di silenzio riguardi solo le vittime di Parigi e chiedono che siano prese in considerazione altri morti, purtroppo numerosi, dei tanti avvenimenti che ci arrivano dal mondo vicino e lontano. Il fatto viene segnalato alla stampa. Dove viene ampliato, drammatizzato, rilanciato.
Quale sarebbe la notizia? Che questi ragazzi (ragazzini di classe prima) si sono opposti?
Che forse si ha a che fare con dei terroristi, o con future leve del terrorismo? Che il virus del fanatismo si sta insinuando tra i compagni, per corromperli e condurli alla Jihad? Che la scuola non è intervenuta prontamente a reprimerli? Che non li ha sospesi, allontanati, emarginati? Contemporaneamente scatta il processo mediatico alla dirigenza e al corpo docente. Con le fazioni di chi ha deplorato e di chi ha difeso l’operato della scuola.
Un argomento come il terrorismo internazionale è complesso e difficile. Non basta un’ora, l’ora di preparazione al minuto di silenzio, come suggerito dal MIUR. Servono i rimandi all’attualità, i collegamenti con il passato, i legami con la geopolitica, con l’economia, il diritto e con una serie di altre discipline.
Il lettore capirà che serve più tempo.
Dove, se non a scuola, un giovane può essere accolto, ascoltato, guidato verso un sapere più ampio? Dove, se non dentro quella classe, la democrazia può essere praticata? Perché la democrazia va esercitata, anche a quindici anni, e la democrazia comporta che sia consentito dissentire senza essere emarginati.
Allora, e concludo, quale sarebbe l’interesse di una comunità, della comunità varesina, nei confronti dell’esposizione mediatica dei giorni scorsi?
Bene hanno fatto i ragazzi del Daverio a rispondere con un grande girotondo intorno all’edificio scolastico, all’ultima ora di lezione del sabato che ha chiuso la settimana iniziata con la commemorazione delle vittime di Parigi. Tutti insieme, per mano, ci hanno comunicato che nella loro scuola non è successo nulla di eclatante, che tutto funziona con l’armonia di sempre.
Io l’ho letta così: cari signori che ci avete seguito per un’intera settimana, grazie dell’attenzione, adesso finiamola qui, noi torniamo al nostro lavoro, voi spegnete le luci.
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