Nulla di nuovo sotto il sole. In particolare come in generale. Nulla in particolare per quanto concerne la Russia. Che quando si chiamava Unione delle repubbliche sovietiche è sempre stata insieme ad altri paesi dell’Est e alla Cina l’ispiratrice di ogni tipo di “corroborante sportivo” nonché madre addirittura delle “uome” in quanto femmine di proporzioni inusuali. Se qualcosa di nuovo è venuto solo ora a galla questo si concreta nella modifica dei prodotti da esaminare da parte di specializzati laboratori.
Qui va detto per non “togliere meriti” a nessuno che i russi si sono addirittura superati: quasi a livello di basi segrete. Per il resto doping, doping e poi ancora doping. Nulla di nuovo. Nulla di nuovo, però, anche in generale perché l’assenza del virus dopale nello sport sembrerebbe quasi una menomazione riducendo qualsivoglia tipologia sportiva che ne fosse priva a situazione di declassamento.
Quante volte anche solo modestissimamente, da queste righe, si è sottolineata una sorta di deplorevole quasi accettazione delle situazioni di irregolarità! L’ultima proprio in sede di critica al contenuto di una trasmissione televisiva in cui un commentatore biasimava il sistema definito di deprecabile disturbo cui i corridori venivano sottoposti a seguito delle visite effettuate nelle relative camere per gli esami del caso.
Ci eravamo allora permessi di non solo considerare i “disturbi” utili e necessari ma che sarebbe stato ben più opportuno accentuare le indagini ma soprattutto aggravare le pene. Non può, infatti, considerarsi sufficiente una squalifica spesso anche per tempo limitato per risolvere il problema. E lo dimostra il fatto che, soprattutto, nel ciclismo a squalifica terminata, atleti siano stati fatti oggetto di successivi esami con esito positivo.
Occorrono mezzi drastici sino al punto di interrompere una carriera. Inevitabile misura da cui nasceranno, ovviamente, modalità di attuazione di pratica dello sport ben diverse: tempi ridotti, prestazioni diverse ma puro frutto delle capacità dell’atleta. Del resto, Alfredo Binda fu chiamato campionissimo sbaragliando ogni campo di gara a meno di trenta all’ora.
Se invece si vuole “continuare” come ora ci si decida a considerare il doping come fatto puramente e rigorosamente normale.
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