Nell’aprile del 2010, l’allora ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, l’aveva presentata come il nuovo servizio che avrebbe rivoluzionato la vita degli italiani (niente più code agli sportelli e faldoni di carta): grazie alla Pec, la posta elettronica certificata, i cittadini “potranno rivolgersi agli uffici della Pubblica amministrazione da casa con il proprio computer – aveva assicurato Brunetta – avendo poi diritto da parte della Pa a una risposta analoga, cioè con la stessa modalità e lo stesso valore legale”. Quello di una raccomandata con ricevuta di ritorno. E quindi con un vantaggio economico non indifferente, derivante appunto dal risparmio sulle spese di spedizione della raccomandata A/R.
L’attivazione della Pec – o meglio Cec-Pac Comunicazione Elettronica Certificata tra la Pubblica Amministrazione e il Cittadino –, tramite il portale www.postacertificata.gov.it, è totalmente gratuita. Si spendono invece circa 10 euro all’anno, se si sceglie di attivarla con un gestore privato (in questo caso, oltreché con la Pa, si potrà comunicare con qualsiasi indirizzo Pec privato).
Avevo completamente ignorato questo strumento, fino a che, quest’anno, ho ricevuto una lettera della Provincia di Varese che mi ingiungeva di trasmettere comunicazioni solo attraverso la posta elettronica certificata.
Ho fatto in modo che Amici della Terra Varese, che rappresento, si dotasse di un’apposita casella di posta elettronica certificata e, con questa, ho preso a comunicare con gli enti pubblici in maniera pressoché costante.
La Convenzione di Aarhus obbliga la Pubblica istituzione interpellata a rispondere a una nota ricevuta entro 30 giorni dal ricevimento della stessa. Ciò anche per dire che non si ritiene opportuno riscontrare o per chiedere ulteriori 30 giorni essendo la risposta particolarmente complessa. Scrivo ora solo di quanto capitato ultimamente con il Comune di Varese, dove il disservizio incontrato appare essere davvero eclatante.
Né il sindaco né assessori né funzionari hanno risposto a tempo alle numerose lettere ricevute per posta elettronica certificata.
Da una parte, posso pensare male e ritenere che gli amministratori non ritengano necessario o loro dovere motivare alcune loro scelte ovvero rispondere alle proposte ricevute. Bisogna però dare fede a chi ci amministra e a chi svolge un ruolo tecnico e pensare che, invece, ci sia una cattiva conduzione della posta.
Ho pertanto scritto al segretario comunale di Varese per chiedergli di controllare se vi sia una funzionale e corretta trasmissione della corrispondenza dall’ufficio protocollo ai responsabili delle aree comunali e da questi agli assessori o al sindaco. Questo nel rispetto della citata Convenzione di Aarhus come applicata in Italia.
Ciò è chiaramente nell’interesse dei cittadini, in quanto la non corretta trasmissione delle comunicazioni è un problema estremamente grave nei rapporti tra gli elettori e il Palazzo istituzionale. Questa disfunzione è ancor più particolarmente grave in questo momento, in cui le trasmissioni di posta avvengono tramite posta certificata. La stessa, infatti, avendo data certa, toglie ogni incertezza rispetto all’invio della corrispondenza mentre precedentemente poteva sussistere qualche dubbio. Contiamo su un efficace svolgimento del lavoro del segretario comunale perché la conduzione della corrispondenza possa avvenire in una maniera ottimale.
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