Ormai pare certo la filiale cittadina della Banca d’Italia chiuderà i battenti come numerose altre sue consorelle distribuite nei diversi capoluoghi della penisola. All’origine del provvedimento non vi è nessuna volontà antilocalistica, meno che meno antivaresina, semplicemente le nuove tecnologie di comunicazione e trasmissione dati stanno mandando in pensione le sedi locali della banca centrale un tempo strategicamente dislocate sul territorio per meglio assolvere i compiti statutari di controllo, vigilanza e tesoreria sul sistema creditizio periferico. Dispiace perché tramonta una presenza simbolicamente importante rappresentativa di una delle poche istituzioni centrali apprezzate dai cittadini e stimata a livello internazionale. “Un isola di competenza e di indipendenza” era, fino a qualche decennio fa, lo slogan ricorrente nell’allora ingessato linguaggio del giornalismo parlamentare, in particolare durante le infinite crisi di governo che hanno costellato i lunghi anni della prima Repubblica allorché il capo dello Stato convocava al Quirinale, per le consultazioni di rito, il Governatore di via Nazionale.
Si chiude una lunga stagione e, almeno per quanto concerne Varese, si allunga l’elenco degli edifici pubblici dismessi in pieno centro cittadino ma si crea anche una nuova importante opportunità per altri usi del fabbricato posto a sinistra di Palazzo Estense, progettato – molti lo ignorano – da una grande firma dell’architettura milanese del Novecento, Ignazio Gardella.
Partendo dall’ edifico di Gardella e spostandosi di qualche centinaio di metri lungo Corso Aldo Moro e via Vittorio Veneto fino a imboccare a sinistra la via Cavour, si entra nel cuore spento di una fetta importante dell’edilizia pubblica dismessa e inutilizzata della città giardino. Il primo edificio che si incontra è sempre della Banca d’Italia, quello storico, poi sede scolastica e oggi in abbandono da molti anni, tra l’altro si affaccia anche su via Bagaini e dispone di un corposo cortile interno. A qualche centinaio di metri di distanza, al termine della sempre più sciatta e invivibile via Como angolo via Milano, c’è l’ex Liceo Artistico oggi solo in parte utilizzato dall’Infomagiovani e dagli uffici del Giudice di Pace. Più avanti, all’incrocio tra via Nuccia Casula e via Adamoli si incontrano i vasti volumi in disuso dell’ex Palazzo INA che ospitano nel cortile interno una pregevole piazzetta del designer varesino Marcello Morandini. Sotto l’edificio insite un considerevole parcheggio per auto, ovviamente chiuso.
Questi fabbricati, ricercando opportuni accordi con le diverse proprietà e grazie a ristrutturazioni e adeguamenti funzionali, potrebbero ospitare tutti gli uffici comunali oggi ubicati a Palazzo Estense salvo quelli di rappresentanza del sindaco e le sedi di alcuni assessorati. È una proposta contenuta nel volumetto Semi di città elaborato l’estate scorsa dal Comitato Civico #Varese2.0 e che oggi trova rinnovato conforto dalla prospettata chiusura della sede di via Sacco della Banca d’Italia.Del resto già oggi l’assessorato alla cultura trova felice dimora nel recuperato ex cinema Gloria ( poi Rivoli) di via dei Bersaglieri.
Traslocare nelle sedi sopra indicate gli uffici comunali avrebbe a medio termine almeno tre vantaggi: primo, a Palazzo Estense verrebbe restituito il suo ruolo originario di residenzialità e di alta rappresentanza istituzionale mettendo in conto anche la possibilità di attrezzare alcune sale con una mostra permanente di dipinti settecenteschi e ottocenteschi; secondo, gli uffici degli assessorati troverebbero spazi più adeguati per lo svolgimento delle loro attività quotidiane; terzo, la presenza diffusa di uffici pubblici, lungo l’asse Via Cavour – Via Como – Via Casula, contribuirebbe a rianimare un comparto semi abbandonato anche dal profilo commerciale grazie alla presenza giornaliera di una rilevante quantità di persone che si recano nei vari uffici.
È una proposta che merita un attento esame da parte dei futuri amministratori perché non dovrebbe avere costi esorbitanti e si collocherebbe all’interno di una politica di riuso dell’esistente ormai ineludibile visto l’insostenibile consumo di suolo praticato in Italia, Varese compresa naturalmente, dal dopoguerra in poi.
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