Caro Direttore, colgo volentieri l’invito a stendere, per quanto possano valere, alcune mie considerazioni sul futuro sindaco di Varese. Persone ben più autorevoli di me e più competenti hanno esposto le loro idee, i loro suggerimenti ed anche le loro critiche sulle passate gestioni della città.
Io vorrei limitarmi a delineare il “sindaco ideale”, partendo da due premesse: di fronte al degrado della città, che si è sempre più radicato nell’ultimo ventennio e di fronte alla catastrofe amministrativa e politica, il prossimo sindaco sarà chiamato a usare le armi della mitezza autorevole, dello spirito di decisione corresponsabile, dell’attenzione ai veri e gravi problemi della città per ricostruire il senso di appartenenza e di amicizia fra i cittadini. Contemporaneamente, dovrà amministrare la città con un impegno non fazioso e non avido, non soggetto alla tentazione di servirsi del potere, ma di premura rivolta all’uomo. La città non è un’istituzione rigida e burocratica, ma è una comunità di uomini e donne, giovani e anziani, poveri e benestanti che sono radicati in un territorio, come l’albero nel suolo; è il domicilio organico della persona che cerca in essa un posto per amare (la casa), un posto per lavorare (l’industria, la piccola impresa, il commercio), un posto per pensare (la scuola e l’università), un posto per guarire (l’ospedale), un posto per riposare (il “Molina”) e un posto per pregare (la chiesa o il tempio o la moschea).
I bilanci, i regolamenti, i parametri economici sono importanti, ma insufficienti: possono essere letti in modo inidoneo se vengono disgiunti dagli ideali, dai valori, dalla politica (come arte di governare la “polis” e non come mezzo per farne un uso di parte!).
Alla mia giornalaia ho chiesto stamattina: ”Come vorrebbe il prossimo sindaco?”. Mi ha risposto: “Che fosse onesto!”. Ho faticato non poco a spiegarle che l’onestà è un pre-requisito che si dovrebbe richiedere non solo a un amministratore pubblico, ma a qualsiasi persona!
Personalmente vorrei che ogni sindaco, non importa se di un piccolo comune o di una grande città, fosse cosciente che essere sindaco oggi è più un onere che un onore e che la sua missione non sarebbe facile se nel suo animo non albergasse una forte sensibilità sociale. Vorrei che fosse coerente con quanto ha programmato e promesso ai cittadini. Vorrei che fosse competente per far crescere la città come un organismo sano ed ordinato in tutto il suo tessuto sociale, economico, educativo e culturale.
Vorrei un sindaco cosciente delle gravi difficoltà che incontrerà di fronte a una scialba burocrazia che, approfittando del vuoto lasciato dalla politica, tenterà di manovrare i soliti poteri. Vorrei un sindaco cosciente che non potrà amministrare da solo, ma che dovrà scegliersi collaboratori onesti con cui instaurare un vero lavoro di squadra. Vorrei un sindaco cosciente che la città nuova da costruire non deve tradire la bella immagine che, nel corso del tempo, le generazioni dei varesini hanno edificato in modo così inconfondibile, valorizzando i bei parchi, i giardini, i monumenti. Vorrei un sindaco cosciente che la cultura e la storia di Varese esigono che misuri ogni scelta con un atteggiamento di attenzione culturale e storica accompagnata da un alto rispetto della giustizia e della democrazia. Vorrei un sindaco cosciente che, prima di progettare un’opera pubblica, ne spiegasse ai cittadini la sua utilità e priorità, non cercando le approvazioni di questa o di quella lobby né gli elogi di quelle categorie sempre pronte ad organizzare grandi eventi o a congegnare faraoniche opere e capaci di trarre solo benefici economici o consensi elettorali.
Vorrei un sindaco coerente, oltre che con i suoi comportamenti di vita, anche con le promesse fatte ai suoi elettori. Non sappiamo se egli sarà l’espressione di un determinato partito o di una coalizione. Vorrei però suggerirgli che, al momento della formulazione del programma, tenesse presente le risorse che saranno sempre più scarse e che, pertanto, si imponesse un’attenta considerazione tra i mezzi di cui dispone e l’obiettivo che desidera raggiungere, correndo anche l’azzardo di non poter accontentare tutti e subito. Vorrei suggerirgli la coerenza tra il “dire” e il “fare”, la gradualità nella scelta tra diverse opzioni: dapprima l’essenziale quotidiano (acquedotto, fognatura, strade, illuminazione pubblica, periferie, marciapiedi…), poi i progetti dispendiosi. Vorrei suggerirgli la coerenza nello scegliere tra un successo reale e non soltanto di immagine.
Vorrei un sindaco competente non in tecnica amministrativa (questa spetta ai funzionari ed impiegati!), ma in presenza umana nella vita della città, antitetica alla tentazione del disinteresse, dell’assenza, delle delega in bianco a persone o gruppi che si arrogano la pretesa di realizzare un’effettiva rappresentanza dei cittadini senza instaurare con le numerose associazioni culturali, educative, sportive e di volontariato un reale e costruttivo rapporto. È questa la competenza che chiederei a un sindaco: essere capace di costruire la città valorizzando tutte le buone energie per trasformarle in sinergie per il bene di tutti.
Incombe anche ai varesini il dovere di fare qualcosa per la loro città. Troppo pochi sono i fiancheggiatori e i sostenitori che si adoperano per aiutare gli amministratori, per suggerire loro idee, per criticarli anche, ma con l’intento non di denigrarli, ma di fare qualcosa di buono a vantaggio di tutti. Anche la stampa e i media dovrebbero aiutare in questo senso il sindaco: non ho mai capito perché la stampa locale non conduca, ad esempio, delle grandi inchieste fra i cittadini o delle indagini sui problemi della città!
Varese, caro direttore, ha una sua vita, un suo stile, talvolta misterioso e profondo, un suo volto caratteristico, una sua anima e anche un suo destino. Non è solo un agglomerato di case e di edifici, ma soprattutto abitazioni di uomini. Bisogna amarla questa città! Bisogna contemplarla dall’alto del nostro Sacro Monte! Le scrivo mentre la televisione mi porta in casa le tragiche immagini di Parigi, “la ville lumière”. Penso che le città non possono morire. Sento che i giovani, che escono dallo stadio, teatro di atti terroristici, cantano tutti compatti l’inno nazionale. Sono un popolo. Sogno che anche Varese, sotto la guida del nuovo Sindaco, ritrovi coesione, tensione verso il bello e il buono, sobrietà di vita.
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