Anche da cronista mi è sempre piaciuto avere doverosa attenzione alle elezioni comunali, le sole che diano qualche riscontro agli elettori: le altre di fatto, dal momento in cui si deposita la scheda nell’urna, sono come tante lettere: non si sa se arriveranno all’uomo, o donna, che abbiamo in simpatia o peggio alla bandiera dal colore che amiamo.
Non è così? Pensiamo un po’ ai cambi, ai salti di corsia, alle arlecchinate di maglie e bandiere che in Senato o alla Camera accompagnano nei loro viaggi quinquennali i vari partiti.
Non è che dopo le elezioni comunali gli schieramenti rimangano ingessati, ma sono più rari rispetto a Roma i casi di migrazioni, certamente non di massa, ovviamente alla ricerca di un nuovo posto di lavoro, per quel tanto che possa servire ricerca a evitare paragoni con i figli di quell’Africa che l’uomo bianco- unica eccezione i missionari – depreda da quasi due secoli.
La migrazione, piccola e forzata, in questa legislatura c’è stata anche a Varese, ma poco o nulla ha inciso su una amministrazione che potrebbe vincere, se ci fossero, le Olimpiadi del galleggiamento. Al momento però sono stati giudicati stuzzicadenti i siluri contro NCD non gradita ai leghisti di Milano.
In realtà se la massa degli elettori di Centrodestra valutasse con serenità il bilancio dei loro “caroeu” nel secondo mandato Fontana, dovrebbe chiudere bottega considerati i passettini fatti da una squadra sulla carta senza rivali.
Contro gli studiosi del vuoto si sono lanciati ardimentosi oppositori gridando il loro “No pasaran” e preannunciando che Varese sarebbe stata la tomba del fantubismo.
Non è accaduto nulla perché non s’è mai visto pattuglie di coraggiosi vincere le guerre. E la guerra l’opposizione avrebbe potuto e dovuto farla in Regione dove però poco o nulla era pronto e adeguato alla battaglia.
Non ho raccontato novità, ma ho ricordato il tanto di relativamente vecchio di una intristita Città Giardino. Vecchio che, se non verrà profondamente studiato e mutato in tempi brevi, porterà a un ulteriore e probabilmente irrimediabile “sprofondo” della nostra cara Varese.
E per evitare il disastro occorrerà parecchio senso di responsabilità, accompagnato da civismo e lealtà, ma soprattutto intelligenza da parte di tutti i competitori. Sarà giusto e doveroso non accantonare mai la bandiera e la fede che ispirano tutte le iniziative politiche, ma potranno essere determinanti ai fini del risultato pratico le dure contrapposizioni ideologiche davanti a chiari interessi della città e soprattutto, se verrà confermata l’ipotesi di un ritorno sulla scena con le liste civiche della competenza di professionisti e imprenditori. Sono categorie che in passato hanno contribuito e molto a fare grande Varese.
Sempre come parere di un cronista che vide fiorire la città negli anni del boom ricordo l’utilità della ribalta comunale come strumento di analisi dei problemi di casa nostra. I grandi temi nazionali sempre generano scontri e ritardi. Varese inoltre deve molto in termini di rispetto alla Chiesa, un po’ di eleganza non guasta tanto più che c’è un Pontefice meritevole della massima attenzione.
Da ultimo, ma in realtà siamo alla pietra angolare, un sindaco è ancora più efficiente e degno di memoria se può contare su una squadra di collaboratori ricchi di ingegno. Questo deve essere l’impegno dei partiti.
E se gli assessori vengono dalle primarie tanto meglio. Se il sindaco e Giunta li fanno invece Salvini o le Case di riposo azzurre di Gallarate, Busto o Arcore, prepariamoci a un altro lungo sonno.
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