Il valore delle primarie a Varese è già stato illustrato ampiamente ed autorevolmente nello scorso numero. Ci tengo a sottolineare come centrosinistra e centrodestra non abbiano solo visioni diverse sulla città ma anche su come scegliere i propri candidati sindaco. Chi nelle piazze democratiche e chi, ancora, ad Arcore o nelle sedi leghiste.
È giusto dirlo perché, se c’è una vulgata da sfatare, è che tutti i partiti siano uguali, che la politica sia una sola e tutta da condannare. Questo è il linguaggio demagogico di Grillo e non quello della realtà. Con questo non c’è nessuna presunzione da parte mia di stabilire una superiorità etica di un fronte sull’altro ma soltanto l’esigenza di misurare meglio le impostazioni diverse e i meriti e demeriti partecipativi nella concretezza della vita cittadina.
Il 13 dicembre nei gazebo della città sarà in campo una coalizione, non un solo partito che sarebbe votato alla sconfitta con qualunque candidato sindaco. Il risveglio di interesse e di passione civile è proprio dovuto al fatto che la coalizione fra PD e Varese 2.0, e solo la coalizione, rende credibile la prospettiva che su Palazzo Estense sventoli dal prossimo giugno una bandiera diversa da quella issata per un quarto di secolo.
Quattro saranno, come si sa, i candidati in gara: Davide Galimberti e Daniele Marantelli del PD, Dino De Simone (del PD fino a ieri anche con un incarico provinciale) e Daniele Zanzi di Varese 2.0. Scontata la vittoria di un candidato del PD? Al contrario, i voti del partito si divideranno e la competizione sarà tesa e incerta. Per questo va apprezzato l’atteggiamento aperto e lungimirante del PD.
Ci sarà in ballo soltanto la scelta fra persone (ovviamente decisiva) o anche l’opzione fra progetti diversi di città? La piattaforma programmatica di base è una sola ma ciascun candidato porterà le sue sensibilità, accentuazioni, intensificazioni. Le primarie non saranno uno show propagandistico ma serviranno per arricchire i contenuti sui punti che devono essere meglio definiti.
Oltre alla ristrutturazione di piazza della Repubblica e ad altre opere su cui sono già state spese migliaia di parole, ci sono altri temi sui quali bisognerebbe riflettere. Faccio solo qualche esempio. Uno dei lasciti più discutibili della Lega è la funicolare per il Sacro Monte, così com’è un inutile debito per la città. I varesini amano la loro montagna. Quale programma per la sua valorizzazione? Niente promesse miracolanti, prego, ma un’idea da realizzare mettendo pietra su pietra durante un lungo arco di tempo.
Stesso discorso per l’idea (finalmente sta prendendo piede) di una città più grande dei suoi confini amministrativi per gli aspetti urbanistici e territoriali, dei trasporti, della scuola, dei servizi alla persona. Per non costruire castelli sulla sabbia è necessario dialogare intensamente fin da subito con i comuni vicini che si vogliono coinvolgere.
Infine, il rapporto sempre trascurato con Milano. Occorre invertire la rotta. Basta con il “padroni a casa nostra”. Come si mette in relazione Varese con Gallarate e con Busto attratte dalla suggestione della grande città metropolitana? Può rischiare Varese di essere il capoluogo di un Ente intermedio che include praticamente soltanto il nord della provincia?
Se le primarie si occuperanno di questi problemi, i cittadini daranno un senso compiuto alla parola (altrimenti magica) della discontinuità, non si sentiranno imbrigliati in un gioco ingannevole e sceglieranno il loro sindaco in modo informato e consapevole.
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